Il Debutto di “The Regime”: Una Recensione Critica
Serie tv, telefilm, episodi – Pubblichiamo questo articolo il 5 marzo 2024 e, giusto per dare un contesto, siamo all’interno di una settimana interessante.
Un Inizio Incerto per “The Regime”
Veniamo dalle gioie delle prime due puntate di Shōgun, nei prossimi due giorni usciranno Supersex e The Gentlemen su Netflix (mi diverte molto non sapere come gli ipotetici lettori del futuro guarderanno a questi titoli, se con nostalgia o con totale indifferenza), e oggi parliamo di una miniserie di HBO con Kate Winslet (disponibile in Italia su SKy e NOW), che in quanto tale solletica il nostro interesse quasi di default.
Il problema, però, è che il primo episodio di The Regime s’è inceppato. Sarà forse una maledizione delle comedy di HBO (se parliamo di serie “memorabili” della cable americana, sono quasi tutte drama), ma qualcosa non torna nel primo episodio di una miniserie che fin da trailer appariva un prodotto strano arrivato in un momento strano. Poteva anche essere un bene, ma per ora no.
Analisi della Serie e delle Performance
Elena Vernham, interpretata per l’appunto da Kate Winslet, vive trincerata nel suo palazzo e dominata da paure e paranoie di stampo medico, perché il timore di aver ereditato la debolezza polmonare del defunto padre la spinge ad avere paura delle muffe, dell’umidità, dell’aria stessa che potrebbe ucciderla.
The Regime è creata da Will Tracy, già co-sceneggiatore di The Menu e di tre episodi di Succession, ma alla sua prima esperienza come showrunner di una miniserie di questa caratura. Per metà degli episodi la regia è affidata a un nome come Stephen Frears, mentre Kate Winslet figura fra i produttori esecutivi, per un progetto a cui evidentemente credeva molto e che la mette completamente al centro della scena, chiedendole una performance dichiaratamente sopra le righe, per la quale è necessario lavorare di fisico, di accenti, perfino di piccoli difetti di pronuncia.
Una miniserie satirica americana che parli di dittatori in Europa non può che porsi su un terreno quanto meno strano, sicuramente sdrucciolevole: qual è il suo immaginario di riferimento? Quando diventa una parodia di ciò che esiste e quanto invece gioca su stereotipi più vecchi e meno attuali? E quanto di queste scelte impatta sulla sua resa? Un prodotto slegato dall’attualità può apparire come “sempre valido”, oppure al contrario come “troppo generico”. Allo stesso tempo, legarsi a doppio filo all’attualità, pure quella tragica, rende la satira più delicata e difficile.
A giudicare dal primo episodio, The Regime non cerca una parodia puntuale e circostanziata dell’oggi, se non magari in piccole sfumature, e sembra puntare più che altro alla creazione di un mondo tutto suo, che pur richiamando quello reale vuole giocare con le sue regole e le sue coerenze, senza farsi specchio di niente di esplicito.
Questo purtroppo succede solo in parte.
Sulla bravura di Kate Winslet non si discute, e il fatto che Elena sia un personaggio così sopra le righe, in una miniserie dichiaratamente surreale, giustifica pienamente la recitazione caricaturale dell’attrice.
Allo stesso modo, la sua caratterizzazione come ipocondriaca e germofobica funziona proprio perché diventa un bastone fra le ruote di un soggetto politico che per mestiere dovrebbe interagire continuamente con le persone, e che invece finisce col recludersi sempre di più, facendo girare la sua intera esistenza intorno alle proprie paranoie.
Il vero problema del pilot di The Regime è che al momento c’è solo questo. Questa storia ci viene raccontata per 50 minuti, in cui naturalmente c’è anche l’ingresso in scena di Herbert, senza però che ci sia molto altro con cui divertirsi.
La gag dell’ipocondria viene ripetuta allo sfinimento, nelle sue varie forme, e già dopo un solo episodio si finisce con il cercare disperatamente qualcos’altro a cui aggrapparsi.
Ci sarebbe, naturalmente, lo strano rapporto fra Elena e Herbert, che nasce nel fastidio e nella paura ed evolve in qualcosa di molto altro, eppure la sceneggiatura sembra trattarlo come un contorno, dove il piatto forte dovrebbe comunque essere la rappresentazione sguaiata del regime (che non a caso è il titolo della serie).
Forse il problema è anche più semplice di così, e non riguarda nemmeno tanto ciò che nel pilot di The Regime c’è o non c’è, in termini strettamente narrativi.
Il problema vero è che, molto semplicemente, non è un pilot così divertente, non si porta dietro chissà quali invenzioni, fatica a stupire in qualunque modo, una volta comprese le nozioni-base del sistema dei personaggi.