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La tempesta perfetta sull’energia in Egitto: tra blackout e crisi di gas
L’Egitto si trova a fronteggiare una tempesta perfetta nel settore energetico, con una crisi che sembra precipitare il paese in una dimensione di crescente instabilità. Da tempo considerato un hub energetico regionale, il paese sta vivendo una trasformazione drastica del suo status, passando da esportatore a importatore netto di gas naturale liquido (GNL). Questo cambiamento avviene in un contesto in cui l’Unione Europea, pur cercando di diversificare le proprie fonti energetiche, continua a investire in Egitto nonostante le evidenti difficoltà.
Il silenzio delle autorità egiziane e di EGAS, la holding statale del settore gassifero, non fa che aggravare la percezione di una crisi imminente. La dipendenza del paese dal gas naturale come principale fonte di energia elettrica ha portato a blackout estesi, anche al di là delle misure di razionamento inizialmente previste, soprattutto nelle aree rurali e periferiche. Le conseguenze sono tangibili non solo nel disagio quotidiano della popolazione ma anche in settori critici come quello sanitario, dove interruzioni di corrente mettono a rischio interventi e parto.
Gli sforzi dell’UE e il fallimento dell’Egitto nell’energia
La visita dei rappresentanti dell’Unione Europea a Cairo il 17 marzo ha sottolineato l’obiettivo di ridurre la dipendenza dal gas russo, ma ha anche messo in luce l’incapacità dell’Egitto di sostenere i propri impegni energetici. Un pacchetto di prestiti e investimenti del valore di 7,4 miliardi di euro è stato accordato, con la speranza di rafforzare la cooperazione in vari settori, non ultimo quello energetico. Tuttavia, la realtà sul campo mostra un calo della produzione di gas del 11% nel 2023 rispetto all’anno precedente, un segnale inquietante che getta ombre sul futuro energetico del paese.
Il declino produttivo è reso ancor più preoccupante dai problemi infrastrutturali del giacimento di Zohr, la cui produzione è scesa di oltre il 20% in tre anni. Questi dati non solo evidenziano la fragilità del settore energetico egiziano ma anche il rischio di una riduzione ulteriore della produzione di gas nel 2024, mettendo in dubbio la strategia dell’Egitto di posizionarsi come esportatore chiave di gas nella regione.
La svolta verso le rinnovabili: un’opportunità in bilico
Di fronte a questa crisi energetica, l’Egitto sembra volgere lo sguardo alle energie rinnovabili, con progetti ambiziosi come quello della Zona Economica del Canale di Suez, che prevede investimenti per circa 12 miliardi di dollari. Il ministro dell’Energia egiziano, Tarek El Molla, ha annunciato l’intenzione di portare al 60% la quota di rinnovabili nel mix energetico nazionale entro il 2030, un obiettivo che oggi appare più come una necessità che una mera aspirazione, considerando la copertura attuale delle rinnovabili, che si attesta appena sopra il 5%.
Nonostante le potenzialità del settore, la strada verso un’effettiva transizione energetica appare irta di ostacoli. Barriere regolatorie, instabilità politica e scarsità di supporto governativo rappresentano sfide significative. Inoltre, l’impegno verso le rinnovabili si scontra con la realtà economica: l’aumento dei prezzi dei combustibili fossili e la svalutazione della moneta locale rendono gli investimenti in fonti alternative ancora più onerosi.
La situazione energetica in Egitto rappresenta dunque un crocevia di criticità e opportunità. Mentre il paese cerca di navigare tra le pressioni interne e le aspettative internazionali, il futuro del suo settore energetico rimane incerto. La gestione della crisi attuale e le scelte strategiche in ambito energetico saranno determinanti per il futuro economico e sociale dell’Egitto, in un contesto globale che richiede sempre più una transizione verso fonti di energia sostenibili.