Il caso di Ilaria Salis e la questione dei diritti umani in Europa
Vladimiro Zagrebelsky, ex giudice della Corte europea dei diritti umani, ha espresso il suo punto di vista sugli avvenimenti che hanno visto protagonista Ilaria Salis, la cittadina italiana recentemente apparsa in catene durante un’udienza a Budapest. Secondo Zagrebelsky, tale modalità di trattamento, oltre a configurarsi come una violazione della presunzione di innocenza, potrebbe essere interpretata come un atto degradante, vietato tanto dalla Convenzione europea dei diritti umani quanto dalla Carta dei diritti fondamentali dell’Unione europea.
La drammaticità delle immagini di Salis incatenata ha sollevato questioni inerenti il trattamento dei detenuti nell’Unione Europea e la necessità di un intervento diplomatico del governo italiano. L’avvocato ungherese di Salis ha difeso le procedure, affermando che tali misure di sicurezza sono comuni per tutti i detenuti, ma ciò non attenua le preoccupazioni sollevate dal giurista italiano.
La messa in scena giudiziaria e il rispetto dei diritti umani
La scena a cui abbiamo assistito, che ha visto l’imputata accompagnata da un poliziotto mascherato e con giubbotto antiproiettile, è stata etichettata da Zagrebelsky come una “messa in scena” per il pubblico ungherese e italiano. Questo aspetto teatrale sembra aver avuto l’obiettivo di trasmettere la gravità e la pericolosità del caso, sottolineando il rischio di terrorismo o criminalità organizzata. Tuttavia, tale presentazione risulta in contrasto con il codice di procedura penale italiano che prevede che l’imputato, anche se detenuto, debba essere presentato libero, “salve le cautele necessarie” valutate e decise dal giudice.
La presunzione di innocenza, un principio fondamentale del diritto e della giustizia, pare essere stata messa a repentaglio da questa esibizione. L’attenzione si sposta quindi sulla capacità della giustizia europea di intervenire in casi che sembrano sollevare questioni di trattamento incompatibili con le regole europee.
Intervento della giustizia europea e il ruolo del governo italiano
Di fronte a un potenziale trattamento incompatibile con le regole europee, l’imputato ha la possibilità di ricorrere alla Corte europea dei diritti umani dopo aver esaurito i ricorsi legali interni. Il Commissario ai diritti umani del Consiglio d’Europa può intervenire, così come la Commissione e il Parlamento europeo possono agire nell’ambito dei trattati, soprattutto di fronte a fenomeni strutturali che si manifestano in un determinato paese.
Sul fronte nazionale, il governo italiano ha un margine di manovra limitato, soprattutto in virtù dell’indipendenza dei giudici. Tuttavia, come suggerisce Zagrebelsky, un intervento diplomatico è “doveroso” e potrebbe essere efficace se esercitato con discrezione e flessibilità. Le dichiarazioni pubbliche e il clamore potrebbero rivelarsi controproducenti in una situazione delicata come quella di Salis.
Il rapporto tra sovranismi e giustizia
Approfondendo il contesto più ampio, Zagrebelsky tocca il tema del rapporto tra i cosiddetti sovranismi e la giustizia. L’amministrazione della giustizia è vista come una funzione sovrana che riflette gli attributi essenziali di uno Stato e della sua autorità. Tuttavia, le sfide poste da casi sensibili e identitari, come quelli relativi alle immigrazioni, richiedono un equilibrio tra sovranità nazionale e l’impegno a rispettare i diritti fondamentali delle persone, sanciti da adesioni a entità sovranazionali quali l’Unione Europea e da convenzioni internazionali.
La situazione di Ilaria Salis, che si trova in Ungheria in stato di detenzione cautelare, non rientra nel quadro delle norme sull’esecuzione delle pene nel paese di cittadinanza o su quelle relative al mandato di arresto europeo. Una decisione quadro del 2009 sull’applicazione del principio di reciproco riconoscimento alle decisioni sulle misure alternative alla detenzione cautelare stabilisce che la competenza appartiene allo stato che procede, in questo caso l’Ungheria, secondo le sue regole procedurali.
In conclusione, mentre si discute l’appropriatezza dell’intervento governativo italiano, si evidenzia che qualunque azione dovrebbe essere intrapresa con una strategia misurata e rispettosa dell’indipendenza giudiziaria. D’altra parte, l’adesione a principi di diritto internazionale e l’interazione tra giustizia nazionale e sovranità statuale continuano a essere al centro del dibattito sui diritti umani in Europa.