Gaza, intesa sugli ostaggi e lite sulla fine della guerra: Il delicato equilibrio tra tregua e conflitto
Nel complesso scenario mediorientale, la trattativa per il cessate il fuoco tra Israele e Hamas sembra avvicinarsi a un punto di svolta. Secondo autorevoli media di Paesi arabi moderati, come il quotidiano saudita “Ashraq” e il canale egiziano “Al Rad”, i negoziati hanno registrato intensi contatti tra mediatori e negoziatori di entrambe le parti, specialmente sul delicato tema degli ostaggi.
Una fonte egiziana ha rivelato che è stato raggiunto un accordo su molti punti, anche se non si tratta di un cessate il fuoco definitivo. Alcuni dettagli rimangono ancora da definire, ma l’ottimismo si mescola alla cautela in una situazione che resta fragile e incerta.
Il ruolo dei mediatori internazionali
La delegazione di Hamas, guidata dal vice di Haniye, Khalil al Hayya, è arrivata al Cairo per riprendere il filo interrotto delle trattative. La loro determinazione a garantire un accordo è evidente, con un primo giro di colloqui con i negoziatori egiziani e qatarini già avvenuto. La presenza del capo della CIA, William Burns, al Cairo dimostra l’importanza che gli Stati Uniti attribuiscono a queste trattative.
Intanto, si diffondono indiscrezioni difficili da verificare. Il quotidiano saudita “Ashraq” ha citato la possibile liberazione di Marwan Barghouti, leader di Fatah e simbolo della seconda intifada, attualmente detenuto nel carcere di Hadarim. La sua liberazione potrebbe avvenire solo in una fase successiva dell’accordo e prevederebbe la sua partenza verso l’estero o Gaza, escludendo il ritorno in Cisgiordania.
La struttura dell’accordo sugli ostaggi
Il rilascio degli ostaggi avverrebbe in più fasi. Nella prima fase, della durata di sei settimane, tre ostaggi civili al giorno (donne, bambini, ragazzi sotto i 19 anni, adulti malati o feriti) verrebbero liberati in cambio di 20 prigionieri palestinesi con pene inferiori a 10 anni. Per le soldatesse israeliane, il “prezzo” sarà raddoppiato: 40 detenuti, metà con pene severe e metà con pene inferiori a 10 anni.
Durante questa fase, sarebbe prevista una parziale uscita dell’esercito israeliano dalla Striscia di Gaza, un divieto di sorvolo aereo per otto ore al giorno e il ritorno degli sfollati al nord senza limitazioni. La seconda fase prevederebbe il rilascio dei soldati in cambio di 40 detenuti per ciascuno, metà con pene pesanti. Questo stadio dovrebbe gettare le basi per la ricostruzione della Striscia di Gaza.
Posizioni contrastanti sul futuro della guerra
Nonostante gli sforzi diplomatici, le dichiarazioni del Primo Ministro israeliano Benjamin Netanyahu complicano ulteriormente la situazione. Netanyahu ha annunciato che l’operazione di terra a Rafah si farà indipendentemente dagli accordi sugli ostaggi. Fonti governative, in forma anonima, hanno confermato che Israele non accetterà mai la fine della guerra come parte dell’accordo.
Queste dichiarazioni non sono piaciute a Benny Gantz, leader dell’opposizione e membro del Gabinetto di guerra. Gantz ha esortato alla calma, suggerendo che il Gabinetto si riunirà e delibererà solo dopo aver ricevuto la risposta di Hamas. Nel frattempo, i negoziatori israeliani sono pronti a tornare al Cairo, un segno positivo, ma non ancora conclusivo.
Le pressioni internazionali
Gli Stati Uniti continuano a esercitare pressioni su Israele per favorire il processo di pace. Hanno chiesto al Qatar di espellere i leader di Hamas ospitati da anni nel Paese, qualora questi facciano saltare la trattativa. Il Qatar, da parte sua, riveste un ruolo cruciale come mediatore, cercando di mantenere un equilibrio delicato tra le parti in conflitto.
Intanto, il ruolo dell’Egitto come mediatore principale è sempre più evidente. Il Cairo sta cercando di bilanciare le esigenze di sicurezza di Israele e le richieste di Hamas, mantenendo un dialogo costante con entrambe le parti. La presenza di Burns al Cairo sottolinea l’importanza strategica di questi negoziati per la comunità internazionale.
Il futuro incerto della Striscia di Gaza
Le indiscrezioni e le dichiarazioni d’intenti rendono evidente la complessità del percorso da affrontare per raggiungere un accordo duraturo. La liberazione di Marwan Barghouti potrebbe rappresentare un punto di svolta, ma la sua realizzazione è tutt’altro che certa. La situazione sul terreno resta tesa e imprevedibile, con continui scontri e violenze che mettono a rischio ogni tentativo di pace.
La comunità internazionale osserva con attenzione, consapevole che ogni passo falso potrebbe far precipitare nuovamente la regione nel caos. La speranza è che i negoziati possano portare a un cessate il fuoco stabile e alla ricostruzione della Striscia di Gaza, ma le sfide restano enormi e le prospettive incerte.