![Violenti scontri tra Israele e Hamas: proposta di tregua e reazioni internazionali 1 20240514 193832](https://masainews.it/wp-content/uploads/2024/05/20240514-193832.webp)
In un contesto di tensioni e violenze incessanti, la Striscia di Gaza continua a essere teatro di scontri tra le forze israeliane e i militanti di Hamas. Nella giornata di ieri, mentre una delegazione di Hamas si trovava al Cairo per discutere una possibile tregua con Israele, violenti attacchi aerei hanno colpito diverse aree di Gaza. Gli F-16 e i droni israeliani hanno sganciato bombe ad alto potenziale sul campo profughi di Nuseirat, considerato da Israele una ‘roccaforte’ di uno dei battaglioni di Hamas.
Attacchi a Gaza e Cisgiordania
Le operazioni militari israeliane non si sono limitate a Gaza. In Cisgiordania, precisamente a Deir al Ghusoun, cinque combattenti palestinesi sono stati uccisi durante un’operazione definita da Israele come ‘antiterrorismo’. L’esercito ha imposto un coprifuoco, circondato le abitazioni dei combattenti e infine distrutto le case con ruspe e razzi anticarro.
A Gaza, le bombe hanno colpito una casa vicino alla stazione di polizia in via Salah al Din, la moschea di Al Fukhari e le località di Al Mughraqa e Az-Zahra. Nel nord di Gaza, l’artiglieria ha martellato le aree settentrionali di Beit Lahiya. Questi eventi si sono verificati mentre emergono voci di una possibile tregua, attesa con speranza da oltre due milioni di civili nella Striscia di Gaza.
Proposta di tregua e condizioni
Secondo indiscrezioni riportate dai media, Hamas avrebbe mostrato disponibilità ad accettare una proposta di tregua mediata dall’Egitto. La bozza di intesa prevederebbe tre fasi di cessate il fuoco, ciascuna della durata di 40-42 giorni. Nella prima fase, Hamas rilascerebbe 33 dei circa 130 ostaggi israeliani a Gaza. Nella seconda fase, rilascerebbe gli altri ostaggi vivi, mentre nella terza fase avverrebbe uno scambio di salme tra le due parti.
Uno dei punti principali dell’accordo sarebbe la liberazione di un numero indefinito di prigionieri palestinesi. Tra questi, secondo alcune fonti, potrebbe esserci Marwan Barghouti, il ‘Mandela palestinese’. Tuttavia, Israele non consentirebbe a Barghouti di tornare a Ramallah, imponendogli invece un confino a Gaza. Un altro punto cruciale sarebbe la garanzia data dagli Stati Uniti a Hamas che Israele non riprenderà gli attacchi dopo il ritorno degli ostaggi.
Le dichiarazioni ufficiali e le reazioni
Nonostante le speranze di una tregua, restano numerosi nodi da sciogliere. Hamas insiste sulla necessità di una fine completa e permanente dell’offensiva israeliana, il ritiro totale delle truppe dalla Striscia di Gaza e il ritorno degli sfollati alle loro case. Israele, dal canto suo, esclude la cessazione della guerra. ‘L’esercito entrerà a Rafah e distruggerà i rimanenti battaglioni di Hamas’, ha dichiarato un dirigente israeliano al Times of Israel.
Le parole del dirigente israeliano hanno placato l’ira dei ministri dell’estrema destra, Bezalel Smotrich e Itamar Ben Gvir, che invocano una guerra infinita. Tuttavia, hanno anche fatto infuriare migliaia di israeliani che ieri sera sono scesi in strada a Tel Aviv e in altre città per chiedere la chiusura dell’accordo che riporterebbe a casa gli ostaggi. Da parte sua, un portavoce di Hamas, Taher Nunu, ha ribadito che ‘qualsiasi accordo dovrà includere la fine completa e permanente dell’aggressione israeliana’.
Le vittime civili e i giornalisti
La situazione a Gaza rimane drammatica. Secondo gli ultimi dati del ministero della sanità palestinese, sono 34.654 le persone uccise dall’offensiva israeliana scattata dopo l’attacco di Hamas del 7 ottobre. Tra le vittime ci sono oltre 100 giornalisti e operatori dell’informazione. Israele nega di prendere di mira i reporter, ma spesso li descrive come collusi con Hamas e altre ‘organizzazioni terroristiche’.
Ad esempio, Hamza Dahdouh, figlio del noto giornalista Wael Dahdouh di Al Jazeera, e l’operatore di droni Mustafa Thuraya sono stati uccisi a gennaio da un drone militare israeliano. Israele sostiene che i due fossero affiliati a Hamas e al Jihad islamico e che stessero monitorando i movimenti delle truppe israeliane. Tuttavia, il Washington Post ha pubblicato immagini girate da Thuraya che contraddicono la versione israeliana, sollevando interrogativi sul motivo per cui i giornalisti sono stati presi di mira.
Dahdouh, peraltro, aveva ottenuto proprio da Israele il permesso di uscire da Gaza, un raro privilegio che difficilmente sarebbe stato concesso a un militante di Hamas o del Jihad. Il caso di Dahdouh e Thuraya mette in luce le difficoltà e i pericoli affrontati dai giornalisti che operano in zone di conflitto, sollevando questioni sulla libertà di stampa e la protezione dei reporter in contesti di guerra.