La Crisi di Gaza: Pressioni Internazionali per una Tregua
GERUSALEMME — Da dodici anni, l’emiro del Qatar ospita i leader di Hamas. Tuttavia, negli ultimi mesi, il segretario di Stato americano, Antony Blinken, ha intensificato le pressioni affinché questi leader si preparino a lasciare il paese. Blinken ha trasmesso questo messaggio al premier qatariota Mohammed bin Abdulrahman Al Thani già in aprile, segnando un cambio di rotta rispetto al 2012, quando gli americani avevano richiesto al Qatar di offrire una sede ai leader di Hamas per mantenere aperto un canale di negoziazione.
Il motivo di queste pressioni è l’ultima proposta di tregua discussa in Egitto. Blinken ha chiarito al Qatar che una risposta negativa non è accettabile. Attraverso i media sauditi, Hamas ha lasciato trapelare una possibile apertura: un piano in tre fasi per una pausa nei combattimenti. Nella prima fase, di sei settimane, verrebbero rilasciati 33 ostaggi israeliani, tra cui donne, minori, anziani e malati.
Proposte di Scambio e Difficoltà nei Negoziati
Nei passaggi successivi, i soldati e gli uomini con meno di 50 anni verrebbero scambiati con altri detenuti palestinesi. Secondo fonti saudite, Israele sarebbe pronta a liberare Marwan Barghouti, condannato a cinque ergastoli, a patto che si trasferisca a Gaza. Barghouti, originario della Cisgiordania, è considerato da molti come il potenziale successore dell’anziano raìs palestinese.
I rappresentanti di Hamas sono attualmente al Cairo, mentre il primo ministro israeliano Benjamin Netanyahu ha rinviato la partenza della delegazione guidata dal direttore del Mossad. Netanyahu ha anche cercato di ridurre le aspettative per una svolta nei negoziati, dichiarando che l’esercito procederà comunque con l’invasione di Rafah e che Israele non può aderire a un cessate il fuoco permanente.
Le Dichiarazioni di Israele e le Reazioni di Hamas
Tzahi Hanegbi, consigliere per la Sicurezza Nazionale e stretto collaboratore di Netanyahu, ha ribadito che le truppe israeliane entreranno a Rafah ‘molto presto’ e che Yahya Sinwar, il pianificatore dei massacri del 7 ottobre, ‘non resterà vivo’. Secondo il Canale 12 israeliano, i segnali ‘positivi’ da parte di Hamas potrebbero essere una tattica per guadagnare tempo.
Nel frattempo, i famigliari degli ostaggi israeliani sono sempre più impazienti. Le manifestazioni di protesta a Tel Aviv hanno radunato migliaia di persone che chiedono la finalizzazione dell’accordo e le dimissioni del governo. Dopo la tregua di novembre, ancora 133 ostaggi sono tenuti prigionieri, di cui una trentina dichiarati morti dall’intelligence israeliana.
La Situazione Umanitaria a Gaza
Non hanno più tempo nemmeno gli abitanti di Gaza. Cindy McCain, direttrice del Programma Alimentare Mondiale, ha denunciato che ‘la carestia sta per scoppiare ed è già in corso nel nord della Striscia’. Gli Stati Uniti hanno sospeso la costruzione del porto flottante al largo della Striscia a causa delle condizioni avverse del mare, rendendo ancora più difficile l’afflusso di aiuti umanitari.
In 211 giorni di guerra, quasi 35 mila palestinesi sono stati uccisi. La situazione umanitaria è drammatica, con una crescente scarsità di cibo e risorse essenziali. Gli sforzi internazionali si concentrano ora non solo sull’ottenere una tregua, ma anche sul garantire un flusso continuo di aiuti per alleviare le sofferenze della popolazione civile.
Le Difficoltà dei Negoziati e le Speranze di Pace
I negoziati al Cairo sono cruciali per determinare il futuro della tregua. Le posizioni di Israele e Hamas restano distanti, con entrambe le parti che cercano di ottenere il massimo dalle trattative. Tuttavia, la pressione internazionale e la situazione umanitaria potrebbero forzare un compromesso.
La comunità internazionale osserva con attenzione, sperando che le negoziazioni possano portare a una riduzione della violenza e a un miglioramento delle condizioni di vita per i civili. Le prossime settimane saranno decisive per capire se la tregua potrà diventare una realtà duratura o se il conflitto continuerà a mietere vittime.