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Gaza: Trattative di Tregua in Bilico tra Pressioni e Ostacoli
GERUSALEMME — Da dodici anni, l’emiro del Qatar ospita i leader di Hamas, ma da un mese li ha avvertiti di prepararsi al trasloco. Il segretario di Stato americano, Antony Blinken, ha trasmesso il messaggio al premier qatariota Mohammed bin Abdulrahman Al Thani in aprile. Questo rappresenta un tentativo di mediazione con il gruppo che controlla Gaza dal 2007, quando ha preso il potere con le armi dal presidente Abu Mazen.
Ora, Blinken sta esercitando massime pressioni, compreso lo sfratto, affinché Hamas accetti l’ultima proposta discussa in Egitto. Ha chiarito al Qatar che una risposta negativa non è accettabile. Tramite i media sauditi, i jihadisti hanno lasciato trapelare che sono disposti a procedere con il piano per una pausa nei combattimenti. La tregua sarebbe divisa in tre fasi e durante la prima, lunga sei settimane, verrebbero rilasciati 33 ostaggi israeliani tra donne, minori, anziani e malati.
Scambio di Prigionieri e Reazioni Internazionali
Nei passaggi successivi, i soldati e gli uomini con meno di 50 anni verrebbero scambiati con altri detenuti palestinesi. Secondo fonti saudite, gli israeliani sarebbero pronti a scarcerare Marwan Barghouti, condannato a cinque ergastoli. Barghouti, originario della Cisgiordania, dovrebbe però trasferirsi a Gaza, dove vive la sua famiglia. Da molti diplomatici internazionali e da alcuni israeliani, è considerato il vero successore all’anziano raìs.
I rappresentanti di Hamas sono attualmente al Cairo, mentre il primo ministro israeliano Benjamin Netanyahu avrebbe rinviato la partenza della delegazione guidata dal direttore del Mossad. Netanyahu ha anche diffuso due messaggi riducendo le aspettative per una svolta nei negoziati: una ‘fonte politica di alto livello’ ha ribadito che l’esercito procederà con l’invasione di Rafah. La stessa fonte ha poi spiegato che per Israele non è possibile aderire a un cessate il fuoco permanente. I leader di Hamas avevano invece ricevuto garanzie sulla fine del conflitto e il ritiro delle truppe dalla Striscia.
Le Dichiarazioni di Tzahi Hanegbi e le Proteste in Israele
Tzahi Hanegbi, fedelissimo del premier e consigliere per la Sicurezza Nazionale, ha dichiarato ai telegiornali che le truppe entreranno a Rafah ‘molto presto’ e che Yahya Sinwar, il pianificatore dei massacri del 7 ottobre, ‘non resterà vivo’. Sinwar avrebbe l’ultima parola sul possibile accordo e il Canale 12 israeliano specula che i segnali ‘positivi’ potrebbero essere una tattica per guadagnare tempo.
Intanto, i familiari degli ostaggi sono sempre più impazienti. Ieri sera, migliaia di persone hanno manifestato a Tel Aviv, chiedendo che l’intesa venga finalizzata e invocando le dimissioni del governo. Dopo la pausa nei combattimenti alla fine dello scorso novembre, ancora 133 ostaggi sono tenuti prigionieri dai terroristi, con una trentina dichiarata morta dall’intelligence israeliana.
La Situazione Umanitaria a Gaza
La situazione a Gaza è critica. ‘La carestia sta per scoppiare ed è già in corso nel nord della Striscia’ denuncia Cindy McCain, direttrice del Programma Alimentare Mondiale. Gli Stati Uniti hanno sospeso la costruzione di un porto flottante al largo della Striscia, dove i palestinesi uccisi in 211 giorni di guerra sono quasi 35 mila. Il pontile avrebbe permesso un maggiore afflusso di aiuti nella parte del territorio più colpita dalla fame.
La crisi umanitaria a Gaza è aggravata dalle condizioni climatiche avverse che hanno ostacolato la costruzione del porto flottante. Senza un miglioramento nelle condizioni di vita e un accesso adeguato agli aiuti umanitari, la popolazione civile rischia di affrontare una catastrofe ancora maggiore.
Il Ruolo dell’Egitto e le Prospettive Future
L’Egitto gioca un ruolo cruciale come mediatore nei negoziati tra Hamas e Israele. Tuttavia, le prospettive di una tregua duratura sono ancora incerte. Le pressioni internazionali e le dinamiche interne ai due fronti rendono il raggiungimento di un accordo particolarmente complesso.
Le prossime settimane saranno decisive per determinare se le parti coinvolte riusciranno a trovare un compromesso che possa portare a una cessazione delle ostilità e a un miglioramento delle condizioni umanitarie per i civili di Gaza.