Scuole d’élite e proteste: il punto di vista di Gilles Kepel
Le recenti proteste universitarie a favore della Palestina hanno sollevato un polverone non solo sul piano sociale ma anche su quello accademico, portando alla luce questioni profonde che riguardano l’istruzione superiore e l’orientamento politico delle nuove generazioni. Parlando di questo fenomeno complesso, il professor Gilles Kepel, noto politologo e massimo esperto di Medio Oriente, condivide le sue riflessioni sulle dinamiche in atto nelle scuole d’élite, come Sciences Po, e sulle implicazioni più ampie di queste mobilitazioni studentesche.
Secondo Kepel, quello che sta accadendo in queste istituzioni rappresenta ‘il crollo di un’istituzione fondamentale’, che ha ceduto di fronte all’ideologia woke e ha abbandonato la sua missione principale: la trasmissione del sapere. Questo declino non sarebbe un fenomeno recente ma avrebbe radici che risalgono a diversi anni fa, quando fu presa la decisione di aprire le porte dell’accademia a studenti provenienti da contesti meno privilegiati, con l’intento di democratizzare l’accesso all’istruzione superiore.
La democratizzazione dell’istruzione: un’arma a doppio taglio?
La democratizzazione dell’accesso all’istruzione, seppur intrinsecamente positiva, ha portato con sé delle criticità secondo Kepel. L’intento di Richard Descoings, all’epoca direttore di Sciences Po, era nobile ma ha portato a una progressiva erodizione della qualità dell’insegnamento e del livello degli studenti. ‘Democratizzare l’accesso era giusto, ma non si è fatta abbastanza attenzione a mantenere alto il livello degli studenti’, sostiene Kepel, evidenziando come la direzione successiva abbia forse puntato troppo sulla internazionalizzazione trascurando l’essenza stessa dell’istituzione.
Questo scenario ha trovato un parallelo nelle università americane, dove la cultura del town hall e del dibattito aperto, pur essendo di per sé valori da promuovere, sono stati interpretati in chiave ideologica, trasformando spazi di confronto in arena di scontro politico. Ciò ha avuto ripercussioni anche su contesti europei come Sciences Po, dove le proteste hanno assunto connotati simili a quelli visti oltreoceano.
Le proteste pro-Palestina: ideologia versus realtà
Le dichiarazioni di Kepel si fanno ancora più forti quando si parla delle proteste pro-Palestina, che a suo dire vedono una parte dell’Occidente schierarsi ‘con i carnefici e non con le vittime’. Il riferimento è al complesso scenario geopolitico che vede fronteggiarsi Israele e Palestina, con una critica aperta verso quelle manifestazioni che, pur legittime nel denunciare le sofferenze dei civili palestinesi, finiscono per ignorare le violenze e gli atti terroristici che hanno colpito civili israeliani e stranieri.
La condanna delle azioni del premier Netanyahu, pur essendo un diritto inalienabile della libera espressione, secondo Kepel, non dovrebbe far dimenticare i massacri e le violenze perpetrate da entrambe le parti. Questo aspetto, spesso trascurato nelle narrazioni più radicali delle proteste, evidenzia una polarizzazione ideologica che mina la possibilità di un dibattito equilibrato e costruttivo all’interno delle realtà accademiche e oltre.
Il rischio del ‘jihadismo d’atmosfera’ nelle università
Kepel tocca poi il tema del ‘jihadismo d’atmosfera’, una forma di radicalizzazione meno esplicita ma non meno pericolosa, che si nutre di queste tensioni e trova terreno fertile nelle università e nei contesti giovanili. Sebbene non si siano verificate violenze nel contesto specifico delle proteste a Sciences Po, il politologo avverte sul rischio che simili atmosfere di tensione possano alimentare spirali di odio e intolleranza.
La situazione attuale richiede quindi una riflessione profonda sul ruolo delle istituzioni educative e sulla necessità di preservare gli spazi accademici come luoghi di dibattito aperto e basato su fatti concreti, piuttosto che su ideologie polarizzanti. La sfida è grande: mantenere un equilibrio tra la libertà di espressione, la sicurezza e la qualità dell’istruzione, in un mondo sempre più interconnesso e politicamente polarizzato.