Il governo degli Stati Uniti ha avviato la costruzione di un molo temporaneo al nord di Gaza, una mossa che bypassa l’Onu e potrebbe rafforzare ulteriormente l’occupazione israeliana della regione. Nonostante le intenzioni di facilitare il trasporto di aiuti umanitari, le opinioni degli esperti e delle organizzazioni internazionali rimangono divise sulla capacità di questo progetto di alleviare la crisi umanitaria a Gaza.
Dubbi sull’efficacia del molo
Il porto mobile, denominato Joint Logistics Over the Shore (Jlots), è situato poco a nord del Corridoio Netzer, una zona controllata da Israele che divide in due la Striscia di Gaza. Questa posizione strategica significa che tutti gli aiuti che arriveranno al molo dovranno necessariamente passare attraverso i posti di blocco israeliani per essere distribuiti, nonostante siano già stati sottoposti a controlli di sicurezza prima dell’imbarco a Cipro. Questo requisito impone un ulteriore ritardo nella distribuzione di cibo e beni essenziali alla popolazione bisognosa di Gaza.
Il Programma alimentare mondiale (Wfp) ha accettato di collaborare con Lussemburgo e Romania, agendo per conto dell’Unione Europea, per utilizzare questo “corridoio marittimo” per inviare aiuti. Tuttavia, il direttore del Wfp, Carl Skau, ha evidenziato che il molo americano deve essere considerato soltanto una parte di uno sforzo più ampio per prevenire la fame a Gaza. La questione solleva preoccupazioni sulla sufficienza di questo approccio nell’affrontare l’entità della crisi umanitaria nella regione.
Costruzione sotto tensione
La costruzione del molo da parte degli Stati Uniti ha suscitato una risposta immediata da parte di Hamas e altre organizzazioni combattenti palestinesi, che hanno minacciato di prendere di mira “qualsiasi presenza straniera” a Gaza. Nonostante queste minacce, il portavoce del Pentagono, Patrick Ryder, ha confermato che le navi militari statunitensi, tra cui la USNS Benavidez, hanno iniziato i lavori per il molo temporaneo e la passerella rialzata in mare, assicurando che i soldati americani non metteranno piede a terra.
Questo sviluppo è avvenuto nonostante un recente attacco con colpi di mortaio, apparentemente diretti verso il molo in costruzione durante una visita di funzionari dell’Onu e truppe israeliane al sito. Fortunatamente, non ci sono stati feriti, e nessun gruppo ha rivendicato la responsabilità dell’attacco. Le forze statunitensi hanno minimizzato l’incidente, indicando che i colpi di mortaio non avevano come obiettivo il molo.
Una soluzione complessa
Il porto galleggiante è diviso in tre zone distinte: una per l’arrivo e il controllo degli aiuti da parte degli israeliani, una per la selezione degli aiuti, e una terza dove gli autisti dei camion del Wfp attendono per portare gli aiuti ai punti di distribuzione. Sebbene il molo sia progettato per gestire 90 camion al giorno, con la possibilità di aumentare fino a 150, l’effettiva efficacia di questa infrastruttura nel mitigare la crisi umanitaria a Gaza rimane incerta.
Un funzionario americano ha dichiarato all’Associated Press che la missione potrebbe protrarsi per diversi mesi, con una brigata israeliana e navi della Marina militare schierate a protezione dei soldati Usa. Questo impegno evidenzia la complessità e le sfide politiche e logistiche che caratterizzano la fornitura di aiuti umanitari a Gaza.
La costruzione di questo molo, quindi, si inserisce in un contesto di tensioni geopolitiche e necessità umanitarie, con gli Stati Uniti che adottano un approccio diretto e potenzialmente controverso per affrontare la crisi a Gaza. Mentre gli aiuti sono urgentemente necessari, le dinamiche politiche e i rischi di sicurezza sollevano interrogativi sulla fattibilità e l’efficacia di tale iniziativa nel lungo termine.