La crescente tensione tra Iran e Israele: scenari di conflitto
La morte di un importante comandante delle Guardie Rivoluzionarie a Damasco, attribuita a un attacco israeliano all’inizio di aprile, ha portato le tensioni tra Iran e Israele a un nuovo picco. La risposta di Teheran a tale azione è considerata imminente, con Washington che si è dichiarata pronta a intervenire a fianco di Israele, sia in difesa sia in una possibile controffensiva contro l’Iran. In questo contesto, le parole dell’ayatollah Ali Khamenei su una reazione già approvata dal regime iraniano aggiungono ulteriore peso a un’atmosfera già carica di tensione.
Il Jerusalem Post ha recentemente evidenziato una serie di opzioni militari che potrebbero essere sul tavolo dei leader iraniani, tra cui il lancio di missili balistici contro Israele. Questo scenario non sarebbe inedito: già nel gennaio del 2020 l’Iran ha utilizzato missili balistici in risposta all’uccisione di Qasem Soleimani, dimostrando la portata delle sue capacità militari. Il possibile utilizzo di basi in Iraq per attacchi missilistici contro Israele evidenzia ulteriormente la strategia di Teheran di estendere il proprio raggio d’azione.
Un arsenale diversificato: droni e missili da crociera
Oltre ai missili balistici, l’Iran potrebbe valutare l’uso di droni e missili da crociera per colpire il territorio israeliano. Il precedente attacco del 2019 contro l’impianto petrolifero saudita di Abqaiq dimostra la predisposizione dell’Iran a utilizzare tali strumenti in operazioni che, pur non causando vittime, hanno un forte impatto simbolico e strategico. Queste azioni rappresentano una minaccia significativa per la sicurezza regionale, evidenziando la capacità iraniana di colpire obiettivi strategici a distanza.
Il ruolo dei proxy iraniani, quali Hezbollah in Libano e gli Houthi in Yemen, aggiunge un ulteriore livello di complessità alla situazione. Gruppi filo-iraniani hanno già dimostrato di poter compiere attacchi significativi, come quello contro una base Usa in Giordania. L’uso di questi gruppi permette all’Iran di mantenere una certa distanza dalle operazioni, riducendo il rischio di una risposta diretta da parte di Israele, ma allo stesso tempo mantiene alta la pressione sullo Stato ebraico attraverso la strategia dei “mille tagli”.
Il rischio di un’escalation
La possibilità di un attacco coordinato dei proxy iraniani aumenta significativamente il rischio di un’escalation del conflitto. Un’offensiva su vasta scala al confine settentrionale di Israele potrebbe sommarsi alle tensioni già esistenti nella Striscia di Gaza, mettendo a dura prova le forze militari israeliane. Inoltre, Teheran starebbe valutando attacchi contro ambasciate e obiettivi israeliani all’estero, ampliando così il teatro delle operazioni e sottolineando la portata globale della minaccia iraniana.
La situazione attuale pone le basi per un confronto potenzialmente devastante, la cui portata e le cui conseguenze sono difficili da prevedere. La comunità internazionale osserva con apprensione l’evolversi degli eventi, consapevole che un’escalation tra Iran e Israele potrebbe avere ripercussioni ben oltre i confini regionali. In questo delicato momento storico, la diplomazia appare come l’unica strada percorribile per scongiurare un conflitto aperto, ma le posizioni sembrano al momento troppo distanti per permettere un avvicinamento significativo tra le parti.
La risposta dell’Iran all’attacco israeliano che a inizio aprile ha provocato la morte a Damasco di un importante comandante delle Guardie rivoluzionare è data per imminente. Washington si dice pronta ad intervenire non solo per difendere Tel Aviv ma anche per prendere parte ad un’eventuale controffensiva dello Stato ebraico contro Teheran. E mentre l’ayatollah Ali Khamenei conferma che “ci si interroga sul tipo di reazione che il regime iraniano avrebbe già approvato.