La disputa sulla leva obbligatoria infiamma Israele: ultraortodossi in rivolta
In Israele, la questione della leva obbligatoria ha scatenato una feroce polemica, coinvolgendo in modo particolare la comunità ultraortodossa. Per decenni, questa comunità ha beneficiato di esenzioni dal servizio militare, basate su leggi successive, l’ultima delle quali approvata nel 2015. Tuttavia, una recente decisione della Corte ha messo fine a questa prassi, nonostante le esplicite richieste del primo ministro Benjamin Netanyahu di posporre il giudizio per un mese. La motivazione di tale azione sembra essere legata alla volontà di aumentare la probabilità di ritorno alle urne entro la fine del 2024.
La reazione non si è fatta attendere: i partiti ultraortodossi hanno espresso forte disappunto, percependo la decisione come una trappola tesa al primo ministro. Già dalle prime ore seguendo l’annuncio, manifestazioni di gruppi estremisti hanno visto atti di violenza e blocchi del traffico, con slogan quali «moriremo piuttosto che arruolarci». Questa esclamazione riflette il profondo attaccamento alla tradizione dello studio della Torah, considerato dalla comunità ultraortodossa come il contributo massimo alla sicurezza dell’intero popolo ebraico.
Un cambiamento nell’atteggiamento ultraortodosso?
Nonostante l’apparente uniformità di vedute, emerge una situazione più complessa. Sondaggi recenti indicano che un ultraortodosso su cinque sarebbe favorevole all’abolizione dell’esenzione dalla leva obbligatoria, con un aumento del consenso dal 10 al 22% dopo il 7 ottobre. Tale data ha messo in luce il trauma vissuto dalla comunità ultraortodossa, evidenziando la loro eccezionalità nella società ebraica e la necessità di un loro contributo più concreto.
Inoltre, si stima che solamente una bassa percentuale di uomini ultraortodossi studi effettivamente nelle scuole talmudiche, mentre molti altri lavorerebbero o trascorrerebbero il loro tempo liberamente. Questo, insieme alle numerose iniziative di volontariato da parte di ultraortodossi di entrambi i sessi, dimostra una volontà di partecipazione attiva nella società, suscitando preoccupazioni tra i rabbini più conservatori riguardo un potenziale allontanamento dalle tradizioni.
Una società in evoluzione
La società ultraortodossa mostra segni di un graduale avvicinamento a posizioni più sioniste, un movimento che si registra da tempo. Questo cambiamento di atteggiamento si manifesta nel crescente numero di ultraortodossi che celebrano apertamente il Giorno dell’Indipendenza, segno di un’integrazione più profonda nella società israeliana. Ciò nonostante, le questioni legate all’occupazione militare e ai palestinesi rimangono argomenti poco discussi all’interno della comunità.
La richiesta di Benny Gantz, membro del gabinetto di guerra, di stabilire una data per le elezioni a settembre, mira a ‘ristabilire la fiducia dei cittadini e garantire la prosecuzione dei combattimenti’. Questo appello evidenzia l’importanza di rispondere alle preoccupazioni della popolazione e di trovare una soluzione equa che bilanci le necessità di sicurezza del paese con il rispetto delle tradizioni ultraortodosse. Nel frattempo, l’incertezza persiste, con la decisione di non riprendere le lezioni al nord nel prossimo anno scolastico, aggiungendo un ulteriore strato di complessità a una situazione già tesa.
In questo scenario, le forze armate israeliane si preparano ad accogliere nuove leve, sviluppando programmi speciali per gli ultraortodossi, nel tentativo di integrarli senza compromettere le loro convinzioni religiose. Con una necessità stimata di circa 7.000 soldati aggiuntivi, di cui la metà combattenti, per rimpiazzare i morti e i feriti nella guerra in corso, la questione della leva obbligatoria diventa ancora più pressante. La situazione attuale richiede un delicato equilibrio tra le esigenze di sicurezza nazionale e il rispetto per le profonde convinzioni religiose e culturali che caratterizzano la società israeliana.