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Da Gaza all’Italia: un viaggio di speranza per i bambini feriti
In una missione umanitaria che tocca il cuore della solidarietà, l’Italia si è fatta promotrice di un gesto di grande umanità accogliendo undici bambini provenienti dalla Striscia di Gaza. Questi piccoli, vittime di un conflitto che non ha risparmiato né la loro innocenza né i loro corpi, sono stati trasportati in meno di 24 ore dalle zone di guerra alla pace delle strutture ospedaliere italiane, in un cambio di scenario tanto rapido quanto carico di significato. Padre Ibrahim Faltas, francescano della Custodia di Terra Santa e mediatore chiave in questa operazione, ha sottolineato l’urgenza dell’azione: la lista iniziale comprendeva più di cento nomi, ma sono “ne sono arrivati ora 11”.
L’ospitalità italiana e il tocco di speranza
I volti dei bambini, segnati da patologie pregresse aggravate da un contesto bellico insostenibile, si sono illuminati all’arrivo. “Avevano gli occhi pieni di tristezza e allo stesso tempo di curiosità e stupore, ci hanno detto: abbiamo lasciato l’inferno“, ha riportato Tiziano Onesti, presidente dell’ospedale pediatrico Bambino Gesù, dove sono stati accolti quattro dei piccoli. I bambini, di fede musulmana, presentano condizioni che richiedono interventi di natura cardiologica, ematologica, ortopedica e neurologica. L’ambasciatore dell’autorità palestinese presso la Santa Sede, Issa Kassissieh, non ha mancato di ringraziare “l’Italia e papa Francesco per questo gesto di speranza”.
Storie di dolore e resilienza
I piccoli pazienti sono stati accolti con calore e professionalità anche presso altri due rinomati ospedali italiani: il Meyer di Firenze e il Gaslini di Genova. Tra questi, alcune bambine presentano ferite gravi, conseguenza diretta dei bombardamenti che hanno colpito la Striscia di Gaza. Nonostante il trauma, lo sguardo dei sanitari rivela un misto di dolore e ammirazione per la resilienza mostrata: “La sofferenza si vede proprio”, e continuano con un’accorata precisazione, “quello che si dice non è ‘propaganda’: gli interventi chirurgici nella Striscia vengono fatti negli ospedali da campo senza anestesia”.
Il difficile percorso per lasciare Gaza
Il viaggio di questi undici bambini non è stato semplice, come racconta padre Faltas. È stato necessario dialogare con più autorità: palestinese, egiziana, e israeliana. “Stanno già molto meglio, abbiamo visto il loro sorriso, venire qui in Italia per loro era un sogno”, ha detto il religioso, rivelando anche la triste vicenda di un padre che “dal 7 Ottobre ha perso 26 persone della sua famiglia”, e ora si trova in Italia con il figlio, mentre il resto della famiglia è disperso tra Gaza e gli Emirati Arabi. Il successo dell’operazione umanitaria è un raggio di luce in una narrazione altrimenti buia: “farli uscire da Gaza è stato difficilissimo”, la lista iniziale era di più di 100 bambini con i loro accompagnatori, “siamo riusciti a portarne ieri 11 con 13 accompagnatori”.
La guarigione prima del ritorno
I bambini verranno curati senza alcuna fretta, fino al completo recupero: “staranno il tempo che servirà, devono guarire”, è l’impegno dei medici italiani. Il destino dei piccoli pazienti, una volta terminato il percorso terapeutico, sarà quello di fare ritorno a Gaza. Tuttavia, padre Faltas chiarisce che “questa è la condizione, ma ora chiunque volesse rientrare nella Striscia andrebbe soltanto incontro alla morte”. Un ritorno a una quotidianità che per molti di loro non è più tale, una quotidianità fatta di macerie e di ricordi dolorosi. Ma per ora, l’Italia si conferma terra di accoglienza e cura, dove il diritto alla salute e alla vita prevale su ogni confine.
La vicenda di questi bambini è un monito e al tempo stesso un’esortazione: ricorda a tutti noi la fragilità della vita umana e la forza straordinaria dell’aiuto reciproco. In un mondo dove le distanze sembrano ampliarsi a causa di conflitti e incomprensioni, iniziative come questa ricordano che la collaborazione internazionale e l’umanità possono e devono trovare modi per superare i muri, visibili e invisibili, che troppo spesso dividono le persone.