La situazione all’interno dell’istituto minorile Beccaria di Milano si dipinge in toni sempre più cupi, con le recenti rivelazioni che emergono dagli interrogatori di garanzia condotti dalla giudice per le indagini preliminari, Stefania Donadeo. Gli agenti della Penitenziaria, arrestati lunedì per abusi e violenze, hanno fornito la propria versione dei fatti, evidenziando un panorama di disperazione e insufficienza nella gestione delle situazioni carcerarie. “Noi abbandonati, incapaci di gestire le situazioni” hanno dichiarato, sottolineando una mancanza di supporto strutturale e gerarchico.
Un quadro di violenza emerge dalle intercettazioni
Le prove contro gli agenti non si limitano alle testimonianze delle vittime. Diverse intercettazioni hanno infatti rivelato un’inclinazione all’aggressività. Una conversazione particolarmente allarmante, datata 9 marzo, riporta la confessione di un agente riguardo a un pestaggio avvenuto all’interno dell’istituto: “Le immagini sono veramente disastrose, non sono a favore di G… Le mazzate? Tante e brutte”. Queste parole non solo evidenziano l’aggressione ma anche una preoccupante consapevolezza e accettazione della violenza come risposta alle tensioni interne.
La risposta degli agenti e la difesa della violenza
Di fronte alla giudice Donadeo, cinque dei sei agenti coinvolti hanno scelto di rispondere, rivelando di sentirsi abbandonati dalle strutture di supporto e controllo. Questa percezione di isolamento e insufficienza sembra aver contribuito a una sorta di giustificazione interna delle loro azioni, con uno degli agenti che ha preferito avvalersi della facoltà di non rispondere. Le loro testimonianze suggeriscono un contesto in cui la violenza non è vista solo come un’opzione ma come un meccanismo di difesa contro l’inadeguatezza percepita nel gestire le dinamiche carcerarie.
La preoccupante consapevolezza delle conseguenze
Ulteriori intercettazioni svelano una chiara consapevolezza delle possibili conseguenze delle loro azioni. “Mo’ t’inculano … perché prima non c’erano le videocamere” ammette uno degli indagati, rivelando una preoccupazione per le prove video delle aggressioni. Questa consapevolezza non sembra però aver frenato la violenza, anzi, le conversazioni tra gli agenti mostrano una sorta di rassegnazione mista a fatalismo riguardo al proprio comportamento aggressivo, con commenti sprezzanti sulle condizioni fisiche dei detenuti post-aggressione.
Gli agenti tra giustificazioni e confessioni
Le difese degli agenti oscillano tra tentativi di giustificazione delle proprie azioni e ammissioni di colpa. Uno degli agenti, parlando delle violenze, ha detto: “Dalle immagini non sono messo bene perché se ne vedono assai palate … Tante. Tante, tante e brutte”. Queste confessioni, seppur in un contesto di dialogo informale, gettano una luce inquietante sulla natura e sull’estensione delle violenze commesse all’interno dell’istituto minorile Beccaria, sottolineando una cultura di impunità e di normalizzazione della violenza.
Una situazione che richiede attenzione e interventi immediati
L’ordinanza eseguita dalla giudice Donadeo mette in evidenza non solo le azioni delittuose degli indagati ma anche la loro pervicacia e inclinazione alla violenza. Questa situazione, descritta con preoccupazione dalle autorità giudiziarie, richiede una risposta forte e immediata per garantire la sicurezza e il rispetto dei diritti fondamentali dei detenuti minorenni. La necessità di tutelare l’incolumità psico-fisica dei giovani detenuti appare ora più urgente che mai, in un contesto che sembra aver perso ogni freno inibitorio contro la violenza.
La comunità e le istituzioni si trovano di fronte a un bivio cruciale: da una parte la necessità di affrontare con determinazione le violazioni dei diritti umani all’interno delle strutture penitenziarie, dall’altra l’urgenza di rivedere i meccanismi di controllo e supporto agli agenti, per evitare che situazioni di questo tipo possano ripetersi. Il caso dell’istituto Beccaria diventa così un campanello d’allarme che non può essere ignorato, sollecitando riflessioni profonde sullo stato del sistema penitenziario minorile e sulle politiche di gestione e prevenzione della violenza.