La disputa tra il premier albanese Rama e Report esplode sui social
Il dibattito sull’informazione e il suo impatto nelle relazioni internazionali torna a infiammarsi. Questa volta al centro della tempesta mediatica troviamo il premier albanese, Edi Rama, e il programma di inchiesta italiano Report. Le dichiarazioni di Rama, espresse attraverso il social network X, segnano un nuovo capitolo nella controversa narrazione che vede coinvolte Italia e Albania. ‘Mia nonna, che mi ha insegnato l’italiano, mi diceva spesso che errare è umano, ma perseverare è diabolico’, con queste parole Rama avvia il suo attacco, criticando aspramente l’ultima puntata di Report, accusata di propagare ‘falsità’ sull’accordo sui migranti tra i due Paesi.
La puntata incriminata, secondo il premier albanese, sarebbe macchiata da menzogne e utilizzata come strumento di attacco politico nei confronti del presidente del Consiglio italiano, Giorgia Meloni, mirando a danneggiare l’immagine dell’Albania. La reazione di Rama non si ferma alle sole parole, ma prosegue con accuse ben precise: il mancato contraddittorio e la diffusione di informazioni errate riguardanti il proprio fratello, Olsi Rama, e il segretario della Presidenza del Consiglio albanese, Engjell Agaci.
Accuse di falsità e omissioni
Il cuore della disputa risiede nelle affermazioni di Rama riguardo alla gestione dell’informazione da parte di Report. ‘Non solo non c’era nessuna parola del contraddittorio ottenuto per iscritto dalla vittima della brutale aggressione di fango, ma si è raccontato al pubblico che il segretario Agaci ha rifiutato di rispondere’, sottolinea il premier, denunciando una clamorosa menzogna. L’attacco si intensifica con la menzione di un giornalista del programma, apparso su una TV albanese, che avrebbe ribadito lo stupore per l’assenza di risposte, nonostante, secondo Rama, tutte le domande avessero ricevuto riscontro nei tempi richiesti.
La tensione sale quando Rama punta il dito contro il trattamento riservato a Engjell Agaci, descritto erroneamente come suo consulente giuridico, mentre in realtà ricopre un’importante carica istituzionale dal 2013. Questo errore di attribuzione viene letto come un tentativo di sminuire il lavoro e l’importanza delle figure chiave dell’amministrazione pubblica albanese, oltre che come un attacco diretto alla figura del premier e alla sua gestione del dossier migranti.
Un appello al rispetto dell’informazione
Edi Rama, nel suo intervento, non si limita alla critica ma esprime anche un appello più ampio sul ruolo e la responsabilità dell’informazione. ‘Per rispetto del Servizio Pubblico – e anche per un obbligo verso la dignità degli autori di questa sbagliatissima puntata di Report, provo per il momento a credere che comunque tutto questo accanimento per attaccare Giorgia Meloni a spese dell’Albania non è stato un peccato in malafede verso il mio paese’, dichiara il premier, invitando a una riflessione sul potere e sulle conseguenze che l’informazione può avere nella società contemporanea.
L’accusa più grave mossa da Rama riguarda l’importazione di calunnie dall’Albania verso l’Italia, una pratica che, secondo il premier, mina la credibilità e l’integrità del servizio pubblico italiano. Il riferimento alla figura dell’avvocato nel contesto della giustizia albanese, paragonata alla persecuzione medievale, sottolinea ulteriormente il disappunto di Rama per quello che considera un attacco ingiustificato e privo di fondamento.
Conclusione dell’intervento
Concludendo il suo intervento, Edi Rama si appella alla saggezza tramandata dalla nonna, invitando il conduttore di Report e, per estensione, i responsabili dell’informazione, a non perseverare negli errori ma piuttosto a chiudere questa ‘pagina ingloriosa’. L’invito a pubblicare il suo contributo come gesto di riconciliazione verso il servizio pubblico italiano rispecchia la volontà di ripristinare un dialogo costruttivo, basato sulla verità e sul rispetto reciproco, tra Italia e Albania. Una disputa che, al di là delle immediate polemiche, solleva questioni profonde sul ruolo dell’informazione nell’era digitale e sulle responsabilità che giornalisti e media devono assumersi nella costruzione delle relazioni internazionali.