Paolo Ruffini: “L’amore è la cura”, il nuovo sguardo sull’Alzheimer
La narrativa intorno all’Alzheimer riceve una nuova prospettiva con “Posso solo amare — Otto storie in cui l’amore è la cura”, l’ultima fatica letteraria di Paolo Ruffini. L’attore e regista, noto per il suo impegno nel sociale, presenta un’opera che si distacca radicalmente dall’approccio convenzionale alla malattia, ponendo l’accento sull’elemento più umano e potente: l’amore. La sua recente intervista a La Repubblica svela un viaggio che trascende i confini del dolore, per approdare a rive di speranza e di cura.
Un libro e un film che sfidano lo sguardo comune
Nell’ecosistema culturale contemporaneo, il libro di Ruffini si pone come un’opera controcorrente. Partendo dal film “Perdutamente”, l’autore ha tratto ispirazione per una narrazione che esplora il morbo di Alzheimer sotto una luce differente. Ruffini afferma: «Ho trovato interessante la possibilità di cambiare il punto di vista sulla realtà, presentare delle belle storie spostando il mio sguardo». Questo cambiamento di prospettiva porta a storie che, pur in contesti di grande difficoltà, sono legate da un filo conduttore luminoso e inestinguibile: l’amore come forza curativa.
Non è un caso che Ruffini si distanzi dalla tendenza alla “spettacolarizzazione del dolore”, scegliendo piuttosto di narrare il dolore stesso attraverso un prisma di amore e di cura. L’attore e scrittore dichiara: «Non racconto queste storie perché sono legate alla malattia come condizione negativa, ma perché le unisce l’amore, quello incondizionato che tutti cerchiamo».
Emozioni in contrasto: il coraggio di narrare l’amore
Il riferimento al film d’animazione “Inside out” è significativo per comprendere l’intento di Ruffini. Egli sottolinea come la pellicola abbia mostrato che la maggior parte delle emozioni umane è negativa, fatta eccezione per Gioia. Questo spinge l’autore a indagare e a raccontare proprio quegli aspetti della vita che possano “riaccendere” lo spirito umano, nonostante la malinconia e le avversità.
Il libro di Ruffini emerge così come un testo diverso, che si muove in controtendenza rispetto alle correnti narrative moderne. Ruffini ribadisce: «raccontare l’amore non va più di moda». Il suo lavoro si erge a promemoria di un bisogno fondamentale dell’essere umano: amare. Una scelta non solo stilistica, ma etica e filosofica, che interpella direttamente i lettori: «non possiamo decidere di non amare, non abbiamo scampo, dobbiamo amare per forza».
La catastrofe e l’amore: due facce della stessa realtà
La visione di Ruffini si contrappone all’idea comune che considera la catastrofe come norma. Il suo libro si fa portavoce di un messaggio di resistenza culturale, proponendo l’amore come elemento sconvolgente, quasi rivoluzionario, in un mondo che sembra averlo dimenticato. «Siamo troppo incasellati nell’idea che la catastrofe sia normale», sostiene Ruffini, e aggiunge che parlare d’amore può disorientare, sorprendere, tanto quanto chiedere un semplice panino in un ristorante stellato.
Le storie narrate nel libro sono esempi vividi di come l’amore incondizionato possa manifestarsi nei gesti quotidiani, nelle scelte difficili, nelle relazioni che si tessono anche quando il contesto è avverso. Ruffini si fa portatore di un messaggio profondo e personale: «parla di storie meravigliose, tra le quali anche la mia, della mia ex moglie, di come noi proviamo a salvare qualcuno che amiamo, solo perché lo amiamo, senza chiedere niente in cambio».
La trama emotiva che lega il libro di Ruffini va oltre la semplice narrazione di storie legate all’Alzheimer: è un invito a riscoprire l’essenza dell’amore come verità universale, come cura che trascende la malattia, come scelta di vita che può trasformare la realtà. Un invito, insomma, a pensare agli altri in un mondo che sembra aver perso la bussola dell’empatia e della solidarietà, un gesto che, nelle parole di Ruffini, diventa “rivoluzionario”.
La pubblicazione di “Posso solo amare — Otto storie in cui l’amore è la cura” rappresenta quindi non solo un contributo letterario, ma un atto di coraggio culturale e sociale che invita a una profonda riflessione sul significato dell’amare e del prendersi cura dell’altro, oltre ogni pregiudizio e ogni condizione.