Il Ministero della Giustizia condannato a risarcire un agente penitenziario
Il Ministero della Giustizia è stato condannato a risarcire con 10.000 euro un agente della polizia penitenziaria per averlo sottoposto a un controverso test psichiatrico volto a determinare il suo orientamento sessuale. La sentenza è stata emessa dai giudici del Tribunale Amministrativo Regionale (TAR) del Piemonte, che hanno preso in esame il ricorso presentato dall’agente nel 2022. Quest’ultimo, precedentemente in servizio presso il carcere di Vercelli, aveva sollevato la questione dopo essere stato oggetto di un provvedimento disciplinare derivante dalle affermazioni di due detenuti, i quali sostenevano di aver ricevuto avances sessuali dall’uomo.
Le procedure seguite dall’amministrazione per valutare la situazione hanno incluso interrogatori specifici sull’orientamento sessuale dell’agente, culminando nella decisione di sottoporlo a accertamenti psichiatrici. Questi ultimi avevano lo scopo esplicito di ‘fare chiarezza sulla sua personalità’, come indicato in documenti allegati al ricorso. Nonostante gli accertamenti presso la commissione medica ospedaliera di Milano abbiano confermato l’idoneità al lavoro dell’agente, annullando il provvedimento disciplinare, l’esperienza ha causato notevoli disagi, spingendo l’agente a richiedere un trasferimento.
Una sentenza contro la discriminazione
La decisione di sottoporre l’agente a un esame psichiatrico è stata giudicata dai magistrati del TAR come «arbitraria e priva di un valido supporto giuridico, oltreché tecnico-scientifico». Il tribunale ha evidenziato come l’amministrazione penitenziaria abbia agito basandosi sull’assunto errato che l’omosessualità costituisca un disturbo della personalità, implicando una potenziale non idoneità al lavoro. Tale presunzione rappresenta una chiara violazione dei diritti individuali e un pregiudizio obsoleto nei confronti dell’orientamento sessuale.
Sebbene la richiesta di risarcimento per il disagio psicologico subito dall’agente sia stata accolta, con un indennizzo stabilito in 10.000 euro, il TAR ha escluso il diritto a compensazioni per le derisioni patite in ambito lavorativo e per il successivo trasferimento. Quest’ultima decisione si fonda sulla difficile dimostrabilità legale del nesso causale diretto tra gli accertamenti psichiatrici subiti e il peggioramento delle condizioni lavorative o il trasferimento in sé.
L’importanza del rispetto dei diritti individuali
Questo caso solleva questioni significative riguardo al rispetto dei diritti individuali e alla sensibilità necessaria nelle procedure amministrative, specialmente in contesti delicati come quello penitenziario. La sentenza del TAR del Piemonte rappresenta un importante precedente sulla necessità di evitare pratiche discriminatorie e sull’importanza di basare ogni azione amministrativa su fondamenti giuridici solidi e rispettosi della dignità personale.
La vicenda sottolinea inoltre la necessità di una maggiore formazione e consapevolezza all’interno delle forze di polizia e dell’amministrazione penitenziaria, per garantire che simili episodi di discriminazione non si ripetano. La tutela dell’orientamento sessuale, come aspetto intrinseco della personalità individuale, deve essere garantita senza riserve, evitando che pregiudizi superati si traducano in azioni ingiuste e lesive della dignità umana.
Il risarcimento riconosciuto all’agente, oltre a rappresentare un riconoscimento del danno subito, invia un messaggio chiaro sull’inaccettabilità di comportamenti discriminatori all’interno delle istituzioni. Questo caso, infatti, non solo ha ripercussioni sul singolo individuo coinvolto ma pone anche in rilievo la necessità di riflettere sulle politiche e sulle prassi adottate dalle amministrazioni pubbliche in tema di diritti civili e rispetto della diversità.
La sentenza del TAR del Piemonte segna quindi un passo avanti nella lotta contro la discriminazione, riaffermando con forza il principio secondo cui l’orientamento sessuale non può e non deve influenzare le valutazioni relative all’idoneità professionale in nessun contesto lavorativo, specialmente in quello della sicurezza e dell’amministrazione della giustizia.