La crisi dei salari in Italia: 5,7 milioni di lavoratori guadagnano 850 euro al mese
La realtà economica italiana si dipinge con cifre impietose: “Nel 2022, 5,7 milioni di lavoratori hanno visto il proprio guadagno mensile stagnare a 850 euro, mentre altri 2 milioni si sono fermati a soli 1200 euro al mese.” Questi dati, resi ancora più critici dall’andamento inflazionistico, che nel 2023 ha raggiunto il 5,9%, mettono in luce una situazione di profonda precarietà economica. Christian Ferrari, segretario confederale della Cgil, non esita a denunciare come l’inazione del Governo abbia contribuito a un impoverimento massiccio di lavoratori e pensionati.
Una politica salariale inadeguata e le sue conseguenze
Sotto la lente di Ferrari, si evidenzia una politica salariale che favorisce i profitti a discapito dei lavoratori: “Il Governo ha assistito passivamente all’impoverimento di milioni di individui, senza adottare misure efficaci per contrastare un’inflazione sfrenata.” La mancata revisione dei contratti per più di 3 milioni di lavoratori pubblici ha gettato un’ombra sul settore privato, trasmettendo un segnale negativo a livello nazionale. Inoltre, il rifiuto di tassare i super-profitti accumulati da alcuni settori economici evidenzia una profonda disuguaglianza sociale.
Le cause strutturali della crisi salariale
Ferrari individua le cause profonde di questa crisi salariale diffusa: “La precarietà, il lavoro a tempo parziale involontario e la scarsa qualificazione professionale incidono pesantemente su giovani e donne.” Un sistema produttivo basato sulla competitività dei costi del lavoro ha portato a una concentrazione eccessiva di dipendenti nelle fasce retributive più basse, riflettendo un deficit strutturale di competenze e investimenti nel Paese. I ritardi nei rinnovi contrattuali nazionali aggravano ulteriormente una situazione già precaria, alimentando un senso diffuso di instabilità e incertezza.
“È essenziale intervenire su tutti questi fronti contemporaneamente per colmare il divario con le altre economie europee”, sottolinea Ferrari. La precarietà, che da condizione lavorativa si è trasformata in precarietà esistenziale per molti, deve essere affrontata con decisione per garantire un minimo di sicurezza economica ai lavoratori. La sostenibilità dei salari, anche per coloro che non rientrano nelle fasce più basse, diventa cruciale non solo per il benessere individuale, ma anche per sostenere la domanda interna e stimolare una crescita economica solida e duratura.
Il segretario della Cgil conclude ribadendo l’impegno del sindacato nella lotta per ottenere rinnovi contrattuali adeguati per i quasi 12 milioni di lavoratori con contratti scaduti, sottolineando la necessità di riforme legislative che possano ridare solidità e giustizia al sistema lavorativo italiano. La strada per ristabilire un equilibrio e una dignità nei salari non è solo una necessità economica, ma un imperativo morale per garantire un futuro equo e sostenibile per tutti i lavoratori del Paese.