Il declino del sogno di Basaglia nella salute mentale italiana
Centro di salute mentale: un sogno ancora irraggiungibile
La celebrazione del centenario della nascita di Franco Basaglia, l’illustre pioniere della chiusura dei manicomi in Italia, getta una luce crudele sull’attuale panorama della salute mentale nel Paese. Mentre in Friuli Venezia Giulia i Centri di salute mentale (Csm) pubblici, attivi 24 ore su 24, incarnano l’ideale basagliano, nel resto d’Italia tale realtà rimane un sogno lontano. Gisella Trincas, presidente di Unasam, sottolinea come la maggior parte delle regioni ospiti ambulatori psichiatrici aperti solo poche ore alcuni giorni alla settimana o Csm attivi per non più di 12 ore al giorno per 5/6 giorni. Questo scenario si traduce in un processo di accorpamento dei Dipartimenti di Salute Mentale, che favorisce le residenze private a scapito di una reale cura dei pazienti.
Le residenze private e l’assorbimento dei fondi per la salute mentale
Attualmente, in Italia, circa 2.000 residenze con 30.000 posti letto ospitano pazienti affetti da disturbi mentali. Queste strutture, finanziate dalle Asl, rappresentano un settore che assorbe oltre la metà dei finanziamenti destinati alla salute mentale nel Paese. Fabrizio Starace, presidente della Siep, ha evidenziato questo fenomeno durante il convegno ‘Oltre il posto letto’ a Bologna, denunciando il pericolo di adottare modalità neo istituzionalizzate. Queste residenze, che vanno dalle piccole comunità alle grandi cliniche fino alle Rsa, ospitano pazienti spesso giovani in mancanza di alternative, perpetuando un modello di cura che Basaglia avrebbe certamente condannato come regressivo.
Imprenditori della follia e “gioco dell’oca” della cronicità
Il ciclo infernale delle strutture residenziali
Secondo Piero Cipriano, psichiatra, nel Lazio si perpetua un vero e proprio ‘gioco dell’oca della cronicità’, in cui i pazienti transitano da un’istanza all’altra senza una reale prospettiva di cura. Le cliniche private, ribattezzate dagli esperti come ‘imprenditori della follia’, continuano a trarre profitto dalla perpetuazione della malattia mentale. La permanenza prolungata in queste strutture residenziali, spesso senza un effettivo supporto riabilitativo, contribuisce a cronicizzare i disturbi e a escludere i pazienti da una reale integrazione sociale.
L’Iss e la mancanza di trattamenti riabilitativi efficaci
Una terapia farmacologica predominante
Le strutture residenziali, teoricamente pensate come luoghi di breve degenza riabilitativa, ospitano pazienti per periodi sempre più lunghi, superando persino i tre anni di permanenza media. La predominanza della terapia farmacologica, a discapito di interventi psicosociali e riabilitativi, evidenzia una carenza nel sistema di cura. L’Istituto Superiore di Sanità ha segnalato un utilizzo massiccio dei farmaci a scapito di interventi riabilitativi efficaci. Il mancato monitoraggio dei piani riabilitativi personalizzati e la carenza di controllo sui percorsi riabilitativi contribuiscono a perpetuare una situazione di cronicizzazione anziché di reale integrazione sociale dei pazienti.
Per approfondire la questione
Per una panoramica approfondita sul tema degli ‘imprenditori della follia’ e sul movimento di riforma psichiatrica, il podcast ‘Tutta colpa di Basaglia’ offre spunti interessanti. Attraverso confronti tra diverse realtà regionali, come il Lazio e il Friuli Venezia Giulia, emergono criticità e sfide ancora aperte nel sistema di cura della salute mentale in Italia.