Omicidio a Nizza Monferrato: Makka ai domiciliari
Makka, la giovane coinvolta nell’omicidio del padre Akhyad Sulaev a Nizza Monferrato, ha ottenuto un cambiamento significativo nel suo regime di detenzione. Dopo un’udienza guidata dal giudice Riccardo Ghio, è stata decisa la sua permanenza ai domiciliari in una comunità protetta. Questa decisione è giunta dopo che il pm Andrea Trucano ha visto respingere la sua richiesta di modifica del regime di detenzione nella stessa giornata. Inoltre, il giudice ha ritenuto non necessario convalidare il fermo per Makka per via di motivi tecnici, affermando che non sussistono rischi di fuga o di ripetizione del reato. La notizia ha commosso la giovane, che ha reagito con lacrime alla decisione.
Reazioni e contesto dell’omicidio
Secondo le prime indagini, l’omicidio di Akhyad Sulaev sarebbe avvenuto a seguito di violente esperienze familiari. Testimoni e prove raccolte hanno confermato che il padre era un individuo autoritario e violento. Makka ha raccontato dettagliatamente le violenze subite, inclusi episodi di aggressione fisica e minacce di morte. Durante l’interrogatorio durato più di quattro ore, la giovane ha ricostruito l’episodio in cui ha difeso la madre con un coltello, colpendo il padre. Ha mostrato prove delle violenze, comprese comunicazioni minatorie che la madre riceveva costantemente. Questo contesto di abusi e controllo ha portato alla tragica escalation culminata nell’omicidio.
Makka ha rivelato che il padre, un musulmano osservante, esercitava un forte controllo sulla famiglia, richiedendo denaro e mostrando segni di condotta incoerente, incluso il presunto mantenimento di una seconda famiglia in Cecenia. L’accusa di omicidio aggravato è stata confermata nei confronti della giovane, ma la sua difesa ha sostenuto la necessità di garantirle un ambiente protetto anziché la detenzione in carcere. Nonostante la richiesta del pm per la custodia cautelare in carcere, l’avvocato di Makka ha ribadito che la giovane agì in difesa propria e della madre, sottolineando l’assenza di pericoli di fuga o di recidiva. La richiesta di una struttura protetta si è basata sulle condizioni psicofisiche precarie della giovane e sulla natura del gesto compiuto per autodifesa.