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Omicidio di Nizza Monferrato: Makka ai domiciliari
Una svolta significativa si è verificata nel caso dell’omicidio di Nizza Monferrato, coinvolgente Makka, 18 anni, che ha ucciso il padre venerdì sera. Dopo un’udienza di convalida, il giudice Riccardo Ghio ha deciso che Makka continuerà a studiare a distanza e rimarrà in una comunità protetta ai domiciliari. Il pm Andrea Trucano aveva chiesto una diversa misura nel pomeriggio, ma la decisione del giudice ha ribaltato le aspettative, respingendo la richiesta.
Il giudice ha inoltre deciso di non convalidare il fermo della giovane per motivi tecnici, sottolineando l’assenza di pericolo di fuga o di reiterazione del reato. Dopo essere stata ascoltata per quattro ore, Makka ha reagito alla notizia con le lacrime agli occhi, mostrando il peso emotivo di questa situazione. Questa decisione segna un momento cruciale nel processo, definendo il contesto in cui Makka potrà affrontare il prosieguo dell’indagine e del processo legale.
Le testimonianze e le prove raccolte
Secondo le prime indagini, l’omicidio è avvenuto in seguito a ripetute violenze familiari, confermate da testimoni e prove raccolte. Pur non essendo stato convalidato il fermo della 18enne, è stato stabilito che rimarrà in una comunità, sotto monitoraggio psicologico, separata dalla madre e dai fratelli. La procura aveva richiesto la custodia in carcere, mentre i legali di Makka hanno sostenuto la necessità di una struttura protetta, data la precarietà delle sue condizioni psicofisiche.
Makka stessa ha raccontato dettagliatamente quanto accaduto il giorno dell’omicidio, evidenziando le continue violenze subite e la volontà di difendere se stessa e la madre. Ha descritto gli atti violenti del padre, supportando il suo racconto con prove concrete, inclusi messaggi minacciosi e segni di percosse. Questo quadro di violenza familiare dipinto dalla giovane ha gettato luce su un ambiente domestico segnato da abusi e controllo eccessivo.
Il contesto familiare e le richieste legali
Akhyad Sulaev, il padre di Makka, era descritto come un uomo autoritario che esercitava un controllo opprimente sulla famiglia. Musulmano osservante, sembra avesse una seconda famiglia in Cecenia e richiedesse denaro per mantenere relazioni extraconiugali. Makka è stata accusata di omicidio aggravato dal legame familiare, un gesto che i suoi avvocati sostengono essere stato compiuto in autodifesa e per proteggere la madre.
La richiesta del pm per la custodia in carcere è stata contrastata dall’avvocato della giovane, il quale ha sottolineato la necessità di una struttura protetta anziché la detenzione, considerando l’assenza di pericoli immediati di fuga o recidiva. Questo dibattito legale riflette la complessità della situazione e la ricerca della soluzione più idonea per Makka, che si trova ora in una fase cruciale del suo percorso legale e personale.