Giuseppe Sorbello, ex assessore regionale dell’Udc arrestato per scambio politico-mafioso
Giuseppe Sorbello, noto come Pippo, ex assessore regionale dell’Udc ed ex sindaco di Melilli, è stato arrestato questa mattina a Siracusa con l’accusa di aver accettato denaro e voti in cambio dell’impegno a facilitare la scarcerazione del figlio di un boss mafioso. Il blitz antimafia condotto dai carabinieri di Siracusa ha portato all’arresto di Sorbello insieme ad altre 11 persone legate al clan Nardo nell’ambito di un’indagine coordinata dalla Procura distrettuale di Catania. L’accusa nei confronti di Sorbello è di scambio elettorale politico-mafioso legato alle elezioni amministrative di Melilli del 2022, dove avrebbe ricevuto la promessa di voti in cambio di favori illeciti.
Sorbello aveva già avuto problemi con la giustizia nel 2012, quando era stato indagato per voto di scambio dalla Procura distrettuale antimafia di Catania. In quel frangente, mentre ricopriva la carica di deputato regionale, si dimise dal ruolo di vicecapogruppo dell’Unione di Centro all’Assemblea regionale siciliana in seguito all’avviso di garanzia. Sorbello si era dichiarato estraneo ai fatti contestati e nel 2018 era stato assolto dalle accuse mossegli. La sua recente arresto, però, lo riporta sotto i riflettori in un contesto di criminalità organizzata e corruzione politica.
Il contesto del blitz antimafia contro il clan Nardo
Nel contesto dell’operazione contro il clan Nardo, dodici persone sono state arrestate, di cui 10 in carcere e 2 agli arresti domiciliari. Le accuse vanno dallo scambio elettorale politico-mafioso alle estorsioni, dalla detenzione di armi e droga all’introduzione illecita di dispositivi telefonici nelle carceri per gestire affari criminali. Gli arrestati sono considerati organizzatori e affiliati al clan Nardo, attivo nell’area nord della provincia di Siracusa e legato alla famiglia mafiosa catanese “Santapaola Ercolano”.
Gli arrestati, secondo quanto emerso dalle indagini, avevano acquisito il controllo di numerose attività economiche nel settore agro-pastorale nella provincia siracusana grazie alla forza di intimidazione. Si sono resi responsabili di estorsioni, traffico di droga, gestione di piantagioni di marijuana e cocaina, nonché di atti di intimidazione verso imprenditori agricoli e commercianti. Il clan avrebbe anche operato all’interno delle carceri, minacciando chiunque avesse pensato di denunciare le loro attività illecite.
Il contesto di corruzione politica e criminalità organizzata evidenziato da queste operazioni dimostra la complessità delle dinamiche illecite che ancora affliggono alcune zone del territorio italiano, richiamando l’attenzione sulle connivenze tra esponenti politici e figure malavitose che minano l’integrità delle istituzioni e la sicurezza dei cittadini.