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Burkina Faso: Stragi e violenza jihadista nel cuore dell’Africa
Il sangue e l’oro versati a Essakane
Il villaggio di Essakane, nel Nord-Est del Burkina Faso, è diventato teatro di un’atrocità che ha scosso non solo la comunità locale ma l’intera nazione. Durante una messa nella chiesa cattolica, un commando di terroristi ha attaccato i fedeli, lasciando dietro di sé un bagliore rosso di sangue. Il vescovo Laurent Birfuré Dabiré ha confermato la tragica notizia, indicando che almeno quindici persone sono state uccise, di cui dodici sul posto e tre a causa delle ferite riportate.
Una crisi che minaccia la presenza cristiana
Il Burkina Faso, con una popolazione di 23 milioni di abitanti, ospita una significativa comunità cristiana, che rappresenta circa il 30% della popolazione totale, di cui il 23% sono cattolici. Tuttavia, il Paese è stato teatro di una crescente violenza jihadista che ha portato alla perdita di migliaia di vite e alla fuga di milioni di persone dalle proprie case. I gruppi Ansar-ul Islam e Jnim hanno consolidato la loro presenza nel Nord del Paese, con attacchi che si estendono fino alla capitale Ouagadougou. Secondo alcuni analisti, i terroristi controllano circa il 50% del territorio, minacciando non solo la comunità cristiana ma l’intera stabilità del Paese.
La situazione si è ulteriormente deteriorata con il passare del tempo, con una serie di stragi che hanno colpito indiscriminatamente la popolazione. L’Unione Europea ha chiesto un’indagine sul massacro avvenuto a Zaongo, dove settanta persone, in prevalenza anziani e bambini, sono state brutalmente uccise. La minoranza cristiana è stata presa di mira dai terroristi, ma la violenza non risparmia chiunque si opponga al loro dominio.
La risposta del governo e l’ombra della Russia
Le autorità burkinabé hanno mostrato una reazione inefficace di fronte alla violenza jihadista, mentre sono state segnalate violazioni dei diritti umani da parte delle forze governative. La giunta militare al potere, sempre più vicina alla Russia, ha ricevuto un contingente di “specialisti militari” provenienti da Mosca, sollevando preoccupazioni sulla vera natura di questa collaborazione. La presenza russa nel Paese sembra finalizzata al controllo delle risorse minerarie, seguendo un modello già visto in altre nazioni dell’Africa.
La dittatura in Burkina Faso si fa sempre più pesante, con la repressione contro la società civile e i gruppi di opposizione che ricordano i giorni bui del passato. Persone come i membri di Balai Citoyen, che un tempo avevano contribuito alla caduta del regime autoritario di Blaise Compaoré, sono ora soggetti a misure punitive e intimidatorie. La democrazia è solo un lontano ricordo in un Paese dilaniato dalla violenza e dalla corruzione.
La comunità internazionale deve prestare maggiore attenzione alla tragedia che si sta consumando in Burkina Faso, dove il sangue versato e l’oro estratto sono diventati simboli di un Paese in ginocchio di fronte alla violenza jihadista e alla repressione interna. È urgente agire per proteggere le vite innocenti minacciate da un’ombra sempre più cupa.