Il Caso del Castello delle Cerimonie: Disdette, Dipendenti in Rivolta e Incertezza
Gli sposi chiamano alla reception della “Sonrisa”, chiedono informazioni certe, i più temerari arrivano fino al Comune dove ora gli occhi sono puntati. Una processione incessante di giovani coppie, genitori preoccupati, festeggiati orfani della location dei sogni. Le prime disdette ufficiali sono già arrivate, ma per chi festeggia fra pochi giorni o pochi mesi resta accesa la speranza. Nel 2024 al Castello delle Cerimonie di Sant’Antonio Abate sono previsti 500 ricevimenti, altrettanti per il 2025. Le date sono impegnate anche per gli anni successivi.
Le sale piene di arazzi, decorazioni e troni dorati possono ospitare fino a sette eventi contemporaneamente. Dopo il pronunciamento della Cassazione del 15 febbraio, si aspetta la notifica della sentenza che passerà ufficialmente terreni e struttura al comune di Sant’Antonio Abate. Ecco perché ieri mattina anche i dipendenti della “Sonrisa”, dopo un incontro all’interno del ristorante, si sono diretti in piazza don Mosè Mascolo. Nell’impero della famiglia Polese lavorano 20 dipendenti tutto l’anno, 80 nei mesi estivi quando matrimoni e comunioni si tengono ogni giorno della settimana, e oltre un centinaio fanno parte dell’indotto. Hanno chiesto di incontrare il sindaco Ilaria Abagnale, per capire se e come possa esserci uno spiraglio lavorativo per loro. Camerieri, cuochi, addetti alla sala, giardinieri, adatti alla reception, nel mondo dorato del Castello, dove gli eccessi erano consentiti, ognuno aveva ruoli ben precisi.
La Protesta dei Dipendenti e l’Appello per Certezze sul Lavoro
Giovanni fu assunto da don Antonio, fondatore assieme alla moglie Rita, del ristorante “dove ogni desiderio viene esaudito” dall’arrivo in elicottero, alla carrozza con i cavalli. «Siamo qui per parlare con il sindaco per capire – spiega l’addetto alla sala – stiamo ricevendo centinaia di telefonate di sposi disperati, ma la disperazione è anche nostra che potremmo rimanere senza lavoro con la stagione estiva alle porte». «Stiamo vivendo momenti di profonda angoscia ed incertezza, – prosegue Emma, addetta alla reception – perché vogliamo continuare a lavorare. Tra noi ci sono famiglie che pagano un mutuo, il fitto di casa, che hanno figli da mantenere all’università e vorremmo essere rassicurati sul nostro futuro». Domenica all’interno del hotel a 5 stelle si è tenuto un evento precedentemente programmato, forse l’ultimo.
«Ci sono coppie di sposi per le quali sono già organizzate cerimonie per i prossimi mesi. Che hanno fatto partire le partecipazioni e hanno investito tanto sulla festa – aggiunge Emma – Ci chiedono cosa sta succedendo. E noi, che abbiamo sempre rispettato la clientela accogliendola e assistendola con grande attenzione e impegno, per la prima volta siamo costretti a rispondere con vaghezza. Chiediamo che le istituzioni ci aiutino: abbiamo bisogno di certezze sul nostro lavoro».
La Richiesta di Intervento e l’Appello per il Futuro
Ecco perché la sindaca Ilaria Abagnale ha già chiesto un incontro al prefetto di Napoli per aprire subito un tavolo che possa riguardare il futuro dei lavoratori ma anche della stessa struttura. Ieri intanto l’incontro con il primo cittadino non c’è stato, la Abagnale era fuori per impegni e la delegazione di lavoratori si è riaggiornata a giovedì per una marcia nelle strade di Sant’Antonio Abate. Alle 9 partiranno dai cancelli bianchi del Castello. «Abbiamo chiesto rispettosamente le autorizzazioni alle forze dell’ordine e al Comune – spiega Emma – perché noi non vogliamo disturbare né fare baccano. Però vogliamo fare capire che abbiamo bisogno di lavorare. Saremo ricevuti in delegazione dal sindaco, ma saremo in tanti, porteremo anche le nostre famiglie».
La vicenda che ha portato al sequestro della Sonrisa parte da lontano. Dal 1979 fino al 2011 secondo la Procura, attorno e dentro la Sonrisa si è costruito in maniera ininterrotta e abusiva. Nessun titolo autorizzatorio, aveva decretato già nel 2016 una sentenza del Tribunale di Torre Annunziata, da pochi giorni esecutiva. Ci sono voluti otto anni per arrivare alla lettura delle sentenza di Cassazione, cui si era rivolta la famiglia Polese dopo la Corte d’Appello. In trentadue anni sono andati prescritti i reati di abusivismo edilizio, per i quali erano stati condannati Rita Greco, moglie di Antonio Polese che per il pubblico della serie tv era diventato il “Boss delle Cerimonie”, e il fratello del patron, Agostino Polese, amministratore della società. Alla morte di Antonio Polese nel 2016, ad ereditare l’impero di famiglia la figlia Imma e il marito Matteo Giordano.