L’Istria tra memorie e oblio
L’Istria senza nulla tacere – Rimuovere il ricordo di un crimine vuol dire commetterlo di nuovo», ha detto sabato a Basovizza il sindaco di Trieste Roberto Dipiazza. Ha ragione. Queste parole risuonano con forza, invitando alla riflessione su un passato carico di sofferenza e tragedia. Il ricordo di centinaia di migliaia di italiani dell’Istria e della Dalmazia costretti ad abbandonare le proprie terre, tra uccisioni e deportazioni nelle foibe, rappresenta una ferita ancora aperta nella storia di quella regione. Proprio in questo contesto, emerge la figura di Giorgia Meloni che sottolinea come nessun tentativo di minimizzare o negare quella tragedia possa oscurare la realtà vissuta da quei popoli. Eppure, nonostante gli sforzi di commemorazione e le richieste di perdono per il silenzio colpevole delle istituzioni, sembra esserci un vuoto nella narrazione storica. La tragedia dei vicini di casa sloveni e croati, vittime della violenza fascista sul confine orientale, resta in ombra, dimenticata o minimizzata.
Una storia di violenza e annientamento culturale
«Di fronte a una razza come quella slava inferiore e barbara non si deve seguire la politica che dà lo zuccherino, ma quella del bastone», queste sono le parole di Mussolini che risuonano con un’ideologia di discriminazione e oppressione. Le politiche di italianizzazione forzata, che includevano persino la modifica dei cognomi slavi in quelli italiani, evidenziano un tentativo sistematico di cancellare le radici culturali di intere comunità. Il clima di odio e violenza si è alimentato nel tempo, culminando in episodi tragici come l’aggressione alla provincia di Lubiana e le deportazioni in campi di concentramento. Le atrocità commesse dalle truppe di occupazione fasciste nei Balcani hanno lasciato cicatrici profonde, con decine di migliaia di vittime slovene e croate che hanno subito indicibili sofferenze. Da Arbe a Monigo, i campi di concentramento sono diventati luoghi di orrore e morte per molti, compresi bambini, donne e anziani. La memoria storica, fatta di dolore e tragedia, non può essere selettiva. È un mosaico complesso di eventi che richiede un’esplorazione approfondita e rispettosa di tutte le vittime coinvolte, indipendentemente dall’origine etnica. Il dialogo e la comprensione reciproca tra le diverse comunità sono fondamentali per la costruzione di un futuro basato sulla pace e sulla consapevolezza della storia condivisa. Solo attraverso una memoria inclusiva e veritiera è possibile gettare le basi per una convivenza pacifica e rispettosa tra i popoli che abitano queste terre segnate da conflitti e sofferenze passate.