La controversa ospitata di Ghali: tra polemiche e riflessioni
Per Ghali è sempre domenica: C’era un’allegra crudeltà nel tono col quale Fabio Fazio domenica scorsa ha gestito l’ospitata di Ghali costringendo il cantante italotunisino ad assistere al proprio autodafé. Il paradosso è apparente, in un talk show come quello non si fanno agguati. Da ieri Ghali è rincorso dall’accusa di aver accettato un premio dall’Associazione palestinese in Italia che è già «la succursale di Hamas». Materiale pronto per il clickbait della macchina social-televisiva della destra che in generale mal sopporta la facilità dei trapper nell’orientare il discorso pubblico.
Adesso questa cerimonia di purificazione di fronte al pubblico televisivo generalista e alla politica. Basterà? IL SEGMENTO dell’ospitata di Ghali a Che tempo che fa, molto più scritto di quanto non sembri, merita di essere ripercorso non per dare addosso a Fazio ma perché ci racconta qualcosa di interessante, a partire del fatto che la parola «genocidio» non è mai stata pronunciata neppure per essere messa in discussione. Pulizia semantica. Iniziava con un’esibizione modellata sulle serate di Sanremo.
La fragilità di Ghali di fronte alle polemiche mediatiche
Dice qualcosa all’orecchio di Fazio, stavolta. «Stop alla guerra» riferisce il conduttore, basta coi massacri. In realtà il pubblico a casa che ricorda la scena sa che il pupazzone ha appena ripetuto la parola tabù: «Genocidio». Qui siamo molto oltre la politica, siamo nel teatrino di varietà, dentro i nervi scoperti dell’opinione pubblica. Nel breve sketch il conduttore aggiunge anche un basta a quelli che li vogliono aiutare a casa loro (non ho rivisto, vado a memoria, ndr), come se volesse segnalare l’avvenuto scambio, la promozione ottenuta da Ghali a «nuovo cantautore» affidabile per i figli e i genitori.
Di nuovo: basterà? Purtroppo per Ghali e per il suo staff, non credo. Lui ricorda un Michael Jackson nordafricano, la stessa fisicità diafana e filiforme. Ha negli occhi la follia del primo Cheb Khaled. Adesso balla sulle uova. Nell’intervista a Fabio Fazio ha rivelato la depressione vissuta negli anni passati, per motivi legati all’ottovolante della popolarità social. Non è il solo. La depressione è metafora della solitudine, avremmo detto un tempo con sprezzo della retorica, si cura con le scelte collettive, i valori condivisi, la politica, le scelte.
La solitudine delle popstar e le controversie mediatiche
NEL MONDO altre popstar sono alle prese con casi che ricordano molto quello di Ghali: per i trumpiani complottisti Taylor Swift è un bimba di Satana; dall’Argentina arriva notizia dello scontro tra Millei e la popstar Lali Esposito, cantante e personaggio tv; come Ghali anche Geolier è odiato dalla destra dei salotti tv, perché tocca altri nervi scoperti. Flashback: nel 1976 la Premiata Forneria Marconi, che allora era la band più famosa del nostro rock progressive, partecipò a un concerto di sostegno alla Palestina a Roma; si vide annullare le date della tournée americana che avrebbe decretato il suo successo internazionale, di lì a poco il gruppo si sciolse. È la solitudine che fa la differenza.