Orbán rinuncia al veto: un colpo di scena diplomatico
Il premier ungherese Viktor Orbán ha sorpreso tutti rinunciando al veto durante il Consiglio europeo straordinario del primo febbraio. Dopo aver tenuto in ostaggio l’Unione europea per settimane, Orbán ha accettato l’accordo già definito a dicembre. Questo repentino cambiamento di rotta ha segnato la fine di minacce e lusinghe, con Emmanuel Macron e Giorgia Meloni che hanno giocato ruoli chiave in questo negoziato. Orbán ha ceduto dopo intense trattative, accettando un accordo senza ottenere garanzie concrete, se non una vaga promessa di flessibilità nella valutazione delle riforme per ricevere i fondi UE. Questa mossa ha impedito ai ventisei stati membri di utilizzare l’opzione nucleare dell’articolo 7 del trattato per limitare i diritti di voto dell’Ungheria.
Orbán e il mantenimento del potere sovversivo
Nonostante la rinuncia al veto, Viktor Orbán conserva un potere sovversivo all’interno delle istituzioni dell’UE, minacciando l’Ucraina e la coesione dell’Occidente di fronte alla Russia. Al suo ritorno a Budapest, Orbán ha cercato di giustificare la sua decisione, affermando che altri leader stavano per spostare i fondi europei destinati all’Ungheria verso l’Ucraina. Inoltre, il partito di Orbán, Fidesz, ha ritardato la ratifica dell’ingresso della Svezia nella NATO, boicottando una sessione parlamentare speciale. Questa mossa ha sollevato preoccupazioni sull’effettiva volontà di Orbán di cooperare con gli alleati europei, evidenziando le tensioni interne e la sua politica di ostilità verso alcune decisioni cruciali.
La questione agricola e le tensioni sulla Russia
L’Ungheria ha sollevato ulteriori preoccupazioni all’interno dell’UE con le sue azioni contro l’Ucraina nel settore agricolo e sul fronte delle sanzioni contro la Russia. Budapest ha annunciato il sequestro di mais proveniente dall’Ucraina, sostenendo che fosse contaminato da OGM, e ha mantenuto un embargo unilaterale in contrasto con le regole dell’UE. Inoltre, Orbán si oppone alle sanzioni contro la Russia, rifiutandosi di penalizzare società cinesi e turche che agevolano l’elusione delle misure restrittive. Queste posizioni pongono l’Ungheria in conflitto con gli obiettivi comuni dell’UE e mettono in discussione la solidarietà tra i membri dell’Unione.
L’Unione europea si trova a fronteggiare non solo le sfide presentate da Orbán, ma anche le difficoltà interne nel mantenere le promesse fatte all’Ucraina e nel gestire le divergenze tra gli Stati membri. Promesse come il piano per fornire munizioni a Kyiv entro una certa data hanno subito ritardi e ostacoli burocratici, evidenziando le complessità nell’agire con coesione e tempestività. Le questioni sul commercio agricolo e sulle sanzioni alla Russia mostrano come gli interessi nazionali possano sovrastare gli obiettivi comuni dell’UE, mettendo a rischio la coesione interna e la capacità dell’Unione di agire con una voce unita sui temi geopolitici più sensibili.