La Città Eterna come non l’avete mai vista: “Roma, santa e dannata”
In un viaggio che si snoda lungo le acque del Tevere, “Roma, santa e dannata” si propone come un affresco narrativo che va oltre la semplice descrizione di una città. Il documentario realizzato da Roberto D’Agostino e Marco Giusti, sotto la sapiente regia di Daniele Ciprì, emerge come una contemplazione profonda e allo stesso tempo beffarda dell’essenza di Roma. Roberto D’Agostino e Marco Giusti, in una sorta di pellegrinaggio notturno, si impongono come moderni Dante e Virgilio, navigando tra le contraddizioni di una metropoli che è stata testimone di millenni di storia.
Un viaggio tra sacro e profano
«La via diretta è un labirinto» – così recita una vecchia iscrizione che sembra incarnare l’aspetto più arcano e pagano di Roma. Il documentario porta alla luce il curioso destino di un cinema a luci rosse di proprietà del Vaticano, trasformatosi prima in discoteca e poi in ufficio stampa del Giubileo, sottolineando la coesistenza di sacro e profano che caratterizza la capitale. Ma il vero nucleo di questo racconto è dato dal modo in cui la città trasforma ogni evento, persino un funerale, in una celebrazione carica di vita, come sottolinea D’Agostino: «A Roma non c’è niente di più vivo di un funerale. Alla fine, tutti commentano: che funerale, meglio di una festa!».
Testimonianze di una Roma poliedrica
Attraverso le parole di Carlo Verdone, si disvelano aneddoti delle notti romane, come il racconto di Monica Guerritore travestita da giocatore della Roma che lascia il locale con Alain Delon. L’iconico Piper si trasforma nell’«oratorio laico» per la gioventù della capitale. E non manca il racconto quasi comico dell’avvocato Giorgio Assumma, che narra di Papa Wojtyla in incognito per le strade di Roma, incapace di rientrare entro le mura leonine. Il commento del piantone – «Ma se tu sei il Papa, possibile che non c’hai le chiavi di casa?» – è quasi una metafora della disarmante umanità che si respira in città.
Quando Berlusconi volle farsi romano
Enrico Vanzina, con il suo eloquio cinematografico, descrive le doti seduttive di Silvio Berlusconi nel tentativo di conquistare lo spirito della città. L’osservazione di D’Agostino si fa chiave di lettura per comprendere la natura di Roma: non è tanto nell’architettura o nelle pietre millenarie che si trova l’eternità di Roma, ma nel suo essere irriducibile teatro di vita, crogiolo di storie e di personaggi che ne definiscono il carattere.
Amare e capire Roma: un dilemma inconcludente
Il documentario «Roma, santa e dannata» affronta il paradigma di un amore scontato per la Città Eterna e l’ardua sfida di comprenderla. “Amare Roma è facile, capire Roma non solo è impossibile, ma è inutile”: questa affermazione, pronunciata durante il viaggio notturno dei due protagonisti, è il filo conduttore dell’opera. Non si indugia sulle vestigia del passato, né sulle rovine che ne fanno da cornice, ma si esplora quel legame oscuro e cinico che unisce la cialtroneria alla vivacità intellettuale, in un eterno ritorno di situazioni e personaggi che forse solo a Roma potrebbero trovarsi.
Un documentario che sfida i cliché
Confrontando “Roma, santa e dannata” con opere del calibro di “La dolce vita” o “La grande bellezza”, si percepisce come il documentario di D’Agostino e Giusti si spogli degli aspetti onirici e celebri per calarsi nel quotidiano, nel concreto, nel vissuto di una città che non si ferma mai, che è teatro e spettatrice di se stessa. È come se, per una volta, si andasse alla ricerca dell’idea di Roma, piuttosto che di Roma stessa, in un tentativo di cogliere la sua essenza più vera e sfuggente.
L’opera è disponibile su Rai Play, pronta a offrire ai suoi spettatori non solo uno sguardo, ma una vera e propria esperienza immersiva nella realtà romana, tra le sue luci e le sue ombre, tra la grandezza del suo passato e la vitalità del suo presente. La regia di Daniele Ciprì accompagna gli spettatori in un percorso che è insieme un omaggio e una riflessione, un viaggio tra le anima di una città eterna e le sue molteplici, inestricabili contraddizioni. Foto Credits: Corriere.it