La tensione a Taranto: Proteste contro i licenziamenti e la crisi di Acciaierie
Le strade di Taranto hanno riecheggiato ieri con le voci di circa 6.000 manifestanti, uniti in un fronte comune di protesta contro la crisi che attanaglia le Acciaierie d’Italia e che ha portato ai primi licenziamenti. Il corteo, promosso dai sindacati Fim, Fiom, Uilm e Usb, ha visto la partecipazione anche delle associazioni di impresa come Aigi, Casartigiani e Confapi. La manifestazione è stata contrassegnata da un momento di alta tensione quando, a poca distanza dalla direzione di stabilimento, un delegato della Uilm ha informato i presenti di un licenziamento già comunicato via mail, effettivo dal 31 gennaio.
La comunicazione specificava: “Acciaierie ha interrotto drasticamente tutti i lavori di manutenzione al proprio interno”. E proseguiva: “il suo rapporto di lavoro viene risolto per giustificato motivo oggettivo e pertanto dovrà ritenersi licenziato in data 31 gennaio”. Secondo Mimmo Amatomaggi della Uilm, si prevede un numero di licenziamenti che potrebbe aggirarsi intorno ai “7-8”.
Le difficoltà dell’indotto e la richiesta di interventi
La crisi non si limita ai licenziamenti interni, ma colpisce anche le numerose piccole imprese dell’indotto, molte delle quali si trovano in una situazione critica, avvicinandosi al limite massimo delle 52 settimane di cassa integrazione. Queste aziende, in assenza di interventi, potrebbero presto essere costrette a licenziare i propri dipendenti.
Durante la manifestazione, i partecipanti hanno esposto bandiere e striscioni, acceso fumogeni e scandito slogan, come “Morselli e Mittal via da Taranto”. La protesta ha evidenziato il “rischio molto concreto di chiusura dello stabilimento”, una situazione che i manifestanti attribuiscono alla “volontà ben precisa dell’amministratore delegato Lucia Morselli, espressione di fatto di ArcelorMittal“.
Francesco Brigati, segretario della Fiom di Taranto, ha sottolineato l’importanza della giornata di mobilitazione, definendola un appello al territorio per sostenere la piattaforma sindacale che affronta le questioni ambientali, occupazionali e di rilancio dello stabilimento. “È evidente che senza una salvaguardia dal punto di vista degli impianti queste sono ore, giorni e settimane abbastanza cruciali e per questo chiediamo al governo un intervento immediato”, ha dichiarato Brigati.
Le preoccupazioni degli imprenditori e l’attesa di risposte
Gli imprenditori dell’indotto non sono rimasti a guardare. Hanno manifestato esprimendo preoccupazione per il mancato pagamento delle fatture scadute e crediti che ammontano a oltre 130 milioni di euro, una situazione che ricorda il periodo del 2015 quando l’Ilva fu commissariata. Il governo, al momento, valuta possibili provvedimenti, ma secondo Aigi, le misure di prededucibilità annunciate “non sono attuabili essendo AdI una società priva di asset”.
La situazione resta in bilico in attesa di una risposta alla lettera inviata da Invitalia il 17 gennaio ad Acciaierie d’Italia, in seguito alla richiesta dell’azienda alla Camera di commercio di Milano per la composizione negoziata, al fine di evitare l’amministrazione straordinaria. La risposta è attesa entro il primo febbraio.
La richiesta di un intervento governativo e la crisi degli altoforni
I sindacati, da giorni, denunciano il progressivo spegnimento degli altoforni, con solamente il numero 4 attualmente in funzione. La preoccupazione è tale che i commissari hanno richiesto ad ArcelorMittal Italia (AdI) notizie urgenti sullo stato degli impianti e hanno annunciato l’intenzione di effettuare un’ispezione in fabbrica.
Il grido di allarme lanciato dalle vie di Taranto è chiaro: si richiede un intervento immediato e concreto da parte del governo per salvare non solo i posti di lavoro ma anche l’intero tessuto industriale ed economico della città e delle sue aree limitrofe. Il futuro di uno dei più significativi poli siderurgici d’Europa è in gioco, e con esso, la vita di migliaia di lavoratori e famiglie. Gli occhi sono ora puntati sulle prossime mosse del governo e della direzione di Acciaierie d’Italia, in un contesto di incertezza e speranza di rinnovamento.