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Cucire vestiti 18 ore al giorno: il lato oscuro della moda low cost
Sfruttamento e condizioni di lavoro
“La produzione di abbigliamento low cost spesso nasconde un lato oscuro legato allo sfruttamento delle persone. Paesi come India, Cambogia, Bangladesh e Pakistan sono spesso scelti per abbattere i costi di produzione, sfruttando manodopera a basso costo e condizioni lavorative disumane”, dove gli operai sono costretti a lavorare “17-18 ore al giorno” per un salario mensile “equivalente a circa 540 euro”. Inoltre, è preoccupante il fatto che i lavoratori abbiano solo “un giorno di riposo mensile”, creando situazioni di stress e stanchezza estreme. Da non dimenticare che molte di queste fabbriche impiegano “minorenni”, alimentando così anche il problema del lavoro minorile.
Il tragico incidente di Rana Plaza e la fast fashion
Incidenti e mancanza di controlli
Nel 2013, un tragico incendio nella fabbrica tessile di Rana Plaza in Bangladesh ha causato la morte di più di “1100 persone”, tra cui molti minori, e più di “2500 feriti”. Questo evento ha evidenziato la grave mancanza di norme di sicurezza e controlli in molte fabbriche tessili di quei Paesi. In Bangladesh, ad esempio, “circa 7000 fabbriche” non sono soggette a controlli di sicurezza, mettendo a rischio la vita dei lavoratori che vi operano. Questi incidenti sono spesso la tragica conseguenza di una produzione che privilegia il profitto a scapito della sicurezza e del rispetto dei diritti umani.
Scelte consapevoli per contrastare lo sfruttamento
Sostenibilità e consumo consapevole
Per contrastare lo sfruttamento legato alla produzione di abbigliamento low cost, è importante adottare un approccio di consumo consapevole. Evitare di seguire ciecamente le mode effimere della “fast fashion” e preferire invece capi di abbigliamento di qualità e sostenibili può fare la differenza. Inoltre, è essenziale tenere in considerazione le politiche aziendali riguardanti le condizioni di lavoro e la sostenibilità ambientale. Informarsi sulle pratiche delle aziende e preferire marchi che si impegnano per ridurre l’impatto ambientale e garantire condizioni di lavoro etiche è un passo fondamentale verso un consumo più responsabile.
Ridurre, riciclare, riutilizzare
Invece di accumulare vestiti a basso costo che spesso finiscono inutilizzati nell’armadio, si può optare per un approccio più sostenibile. Ridurre gli acquisti impulsivi e privilegiare la qualità alla quantità può contribuire a ridurre lo sfruttamento legato alla produzione di abbigliamento. Inoltre, è importante considerare il riciclo e il riutilizzo dei capi già posseduti. Piuttosto che gettare via abiti fuori moda, si potrebbe donarli a chi ne ha bisogno o riciclarli in modo creativo, riducendo così lo spreco e promuovendo un consumo più consapevole e responsabile.