Generali, una festa con ombre: le tensioni in vista del 2025
La celebrazione dei risultati di Generali per l’anno fiscale 2023 non ha potuto nascondere le correnti sotterranee di tensione che prefigurano uno scenario complesso per il futuro prossimo del colosso assicurativo. Al centro delle attenzioni, l’assemblea prevista per il 2025, con il rinnovo del consiglio di amministrazione (CDA) che si annuncia come un vero e proprio banco di prova per la governance del Gruppo, in un contesto segnato dalle nuove direttive del ddl Capitali. Quest’ultimo, volto a garantire una rappresentanza più equa alle minoranze, ha riacceso i riflettori sulla disputa tra l’attuale management, guidato dal CEO Philippe Donnet, e i principali azionisti di minoranza, tra cui spiccano Delfin e il gruppo Caltagirone.
Nonostante la convocazione all’assise di Trieste per l’approvazione del bilancio 2023, né Delfin, holding sotto il controllo degli eredi di Leonardo Del Vecchio con una quota del 9,9%, né il gruppo Caltagirone, detentore di una partecipazione del 6,19%, hanno voluto mancare all’appello. Una presenza che, oltre a sottolineare l’importanza dell’evento, ha evidenziato un chiaro intento polemico nei confronti delle attuali linee guida aziendali.
Il dibattito sulla governance e le critiche al ddl Capitali
Il dibattito si è acceso intorno alla riforma della governance delle società quotate, con particolare riferimento al testo legislativo promosso dal governo Meloni. Andrea Sironi, presidente delle Generali e della Bocconi, non ha esitato a criticare apertamente il disegno di legge, evidenziando la necessità di ‘superare le deviazioni dalle migliori pratiche internazionali’. Le sue parole mettono in luce la preoccupazione per i possibili ostacoli che le nuove norme potrebbero introdurre, in particolare riguardo alla composizione e alla selezione del CDA, considerate misure di ‘dubbia costituzionalità’.
Il cuore della questione risiede nella modalità di presentazione delle liste per il consiglio di amministrazione, che secondo il ddl dovrebbe avvenire con l’approvazione di due terzi del CDA uscente e il voto nome per nome in assemblea. Un meccanismo che, agli occhi dei critici, rischia di complicare eccessivamente il processo, limitando di fatto la rappresentanza delle minoranze, nonostante le nuove quote introdotte.
Le prospettive future e le sfide per Generali
L’assemblea del 2025 si preannuncia quindi come un appuntamento cruciale, capace di definire i futuri equilibri di potere all’interno del Leone. La partita è aperta, e i protagonisti si preparano a una sfida che vedrà contrapposti, da un lato, il desiderio di rinnovamento espresso dalle minoranze, e dall’altro, la difesa dello status quo da parte dell’attuale management. In questo contesto, le posizioni di Delfin e Caltagirone assumono un rilievo particolare, non solo per la quota di capitale detenuta ma anche per il segnale di malcontento espresso nei confronti dei risultati 2023 e delle scelte strategiche perseguiti da Donnet.
Nonostante le tensioni, il CEO ha voluto sottolineare come le recenti operazioni di acquisizione, tra cui quelle di Liberty e Conning, siano state facilitate da un ‘rinnovato spirito di collaborazione all’interno del consiglio’. Un elemento che, se da una parte testimonia la capacità di operare in sinergia, dall’altra lascia intravedere la complessità e le sfide interne che il gruppo dovrà affrontare nel prossimo futuro.
Il dibattito sulla governance di Generali e le critiche mosse al ddl Capitali riflettono dunque un momento di profonda riflessione per il mondo aziendale italiano, segnato dalla ricerca di un equilibrio tra tradizione e innovazione. Una partita che si gioca non solo nei consigli di amministrazione ma anche sul piano legislativo e che potrebbe rivelarsi determinante per il futuro di una delle più storiche istituzioni finanziarie del paese.
La strada verso il 2025 è ancora lunga e gli sviluppi futuri dipenderanno da molti fattori, tra cui le decisioni che verranno prese a livello governativo e la capacità degli azionisti di Generali di trovare una strategia condivisa. Quel che è certo è che il dibattito attuale non è solo una questione interna all’azienda, ma riflette tematiche e sfide che interessano l’intero sistema economico e finanziario italiano.