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La protesta accademica in Italia contro il bando di cooperazione con Israele si intensifica
Le università italiane sono diventate teatro di un crescente movimento di protesta contro un bando di cooperazione scientifica con Israele, che ha suscitato polemiche e dibattiti accesi. Con la scadenza fissata per il 10 aprile, la comunità accademica italiana si trova divisa, tra chi chiede di aderire al bando e chi invece ne sollecita la revoca.
Un accordo bilaterale sotto scrutinio
L’accordo di cooperazione, nato dalla collaborazione tra il ministero dell’Innovazione, Scienza e Tecnologia israeliano (MOST) e la direzione generale per la promozione del “sistema paese” del ministero degli Affari esteri e della Cooperazione internazionale italiano (MAECI), mira a finanziare progetti di ricerca nei settori della tecnologia del suolo, dell’acqua e dell’ottica di precisione. Tuttavia, questo bando è diventato il fulcro delle proteste per il timore che i risultati della ricerca possano essere utilizzati anche in ambito militare, dato il contesto di tensione nella Striscia di Gaza.
Le voci della protesta
Il movimento di dissenso ha preso piede a marzo, quando il senato accademico dell’Università di Torino ha espresso una posizione contraria alla partecipazione al bando, seguito da analoghe prese di posizione da parte della Scuola Normale Superiore e degli atenei di Firenze, Bari e Pisa. A ciò si aggiungono le azioni dirette di studenti e studentesse nelle città di Napoli, Bologna e Roma, che hanno manifestato il loro disappunto attraverso proteste e occupazioni.
La loro richiesta è stata motivata dal rischio di finanziare, attraverso il bando stesso, la ricerca in tecnologia cosiddetta dual use, cioè a scopo civile e anche militare, e dalla volontà ‘di non essere complici delle gravi violazioni in atto’ nella Striscia di Gaza da parte di Israele, sottolineano i protestatari.
Le reazioni delle istituzioni accademiche
Le università coinvolte hanno risposto in maniera diversa. Mentre alcune hanno accolto le richieste di revisione o annullamento del bando, altre si trovano ancora in fase di discussione. Particolarmente significativa è stata la decisione del rettore dell’Università di Bari di dimettersi dal comitato scientifico della Fondazione Med-Or, in seguito alle pressioni ricevute.
Uno sguardo al futuro
Questa vicenda mette in luce la complessità delle relazioni internazionali e il ruolo che la ricerca scientifica può giocare in contesti geopolitici delicati. Con la scadenza del bando ormai alle porte, le università italiane si trovano di fronte a una scelta difficile: procedere con la presentazione dei progetti, rischiando di alimentare ulteriori polemiche, o ritirarsi, in nome di principi etici e di solidarietà internazionale.
La questione solleva interrogativi fondamentali sul confine tra scienza e politica e sulle responsabilità degli istituti di ricerca in contesti di conflitto. Mentre le proteste continuano e gli atenei si pronunciano, il dibattito sulla cooperazione scientifica internazionale si arricchisce di nuove sfumature, dimostrando quanto sia importante trovare un equilibrio tra il progresso tecnologico e il rispetto dei diritti umani.