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Scoperte rivoluzionarie del Telescopio Spaziale James Webb
Il Telescopio Spaziale James Webb (JWST) ha impresso una svolta nel campo dell’astronomia, permettendo agli scienziati di penetrare nei misteri dell’universo, dalla formazione delle galassie e delle stelle alla ricerca di potenziali segni di vita su esopianeti. Lanciato nel dicembre 2021, il JWST si erge come il principale osservatorio spaziale del prossimo decennio, superando il predecessore Telescopio Spaziale Hubble con strumenti più potenti e capacità di osservazione più ampie.
Scoperta pionieristica nel campo della formazione planetaria
Un gruppo di ricercatori, guidati da Naman Bajaj dell’Università dell’Arizona insieme alla Dr.ssa Uma Gorti dell’Istituto SETI, ha conseguito immagini senza precedenti di venti provenienti da un antico disco planetario in fase di disgregazione del suo contenuto gassoso. Questa scoperta, pubblicata sull’Astronomical Journal, rappresenta un avanzamento significativo nella comprensione della dinamica di formazione planetaria e dell’evoluzione dei dischi circumstellari che circondano le giovani stelle.
Al centro di questo studio si trova l’osservazione della giovane stella TCha avvolta da un notevole disco erodente con un vasto divario di polvere, esteso per circa 30 unità astronomiche. Gli astronomi hanno per la prima volta immaginato i gas in dispersione, noti come venti, utilizzando le linee dei gas nobili neon (Ne) e argon (Ar), con quest’ultimo che segna la prima rilevazione in un disco di formazione planetaria. Le immagini di [Ne II] indicano che il vento ha origine da una vasta area del disco. Il team, tutti membri di un programma JWST guidato da Ilaria Pascucci dell’Università dell’Arizona, si propone di comprendere appieno questo processo per approfondire la storia e l’impatto sul nostro sistema solare.
Implicazioni rivelatrici sulla formazione planetaria
Durante le fasi iniziali della formazione di un sistema planetario, i pianeti si assemblano in un disco rotante di gas e polveri attorno alla stella giovane. Queste particelle si aggregano, formando frammenti più grandi chiamati planetesimi, i quali nel tempo si scontrano e si uniscono per dar vita ai pianeti. La tipologia, le dimensioni e la posizione dei pianeti che si formano dipendono dalla quantità di materiale presente e da quanto tempo persiste nel disco. Di conseguenza, l’esito della formazione planetaria è strettamente legato all’evoluzione e alla dispersione del disco.
Un altro studio condotto dal Dr. Andrew Sellek dell’Osservatorio di Leiden ha analizzato le simulazioni della dispersione guidata dai fotoni stellari per distinguere tra diversi meccanismi. Le osservazioni reali confrontate con tali simulazioni indicano che la dispersione causata dai fotoni stellari ad alta energia può spiegare i fenomeni osservati e non può essere esclusa come possibilità. Questo lavoro, supportato dalle misurazioni del JWST, ha contribuito a definire le proprietà del vento e ha evidenziato che quantità considerevoli di gas vengono disperse, pari alla massa della Luna ogni anno. Un articolo in fase di revisione dall’Astronomical Journal dettaglierà ulteriormente questi risultati.
La scoperta della linea [Ne II] risalente al 2007 con lo Spitzer e la sua identificazione come tracciante dei venti da parte del Prof. Pascucci hanno rivoluzionato la ricerca sulla dispersione del gas nei dischi planetari. La recente rilevazione di [Ne II] e [Ar III] mediante il JWST potrebbe rappresentare un passo avanti cruciale nella comprensione di questo processo, aprendo nuove prospettive sulla formazione planetaria e sull’evoluzione dei dischi circumstellari.