La Pasqua clandestina dei cattolici nelle zone occupate dell’Ucraina
Nella regione di Zaporizhzhia, occupata per l’80% dalle truppe russe, la Pasqua è diventata un’occasione di oppressione e censura religiosa. Il messaggio delle autorità russe, che augurano una ‘Pasqua di luce e di pace’, suona come un’ipocrisia per chi vive sotto l’occupazione. Solo le chiese ortodosse russe sono autorizzate a celebrare, mentre le altre denominazioni sono state chiuse.
Don Oleksandr Bogomaz, uno degli ultimi sacerdoti cattolici espulsi, racconta di come la sua chiesa a Melitopol sia stata requisita e trasformata in caserma di polizia. Nonostante la repressione, i fedeli celebrano la Pasqua in clandestinità, con meno di cento membri che partecipano a liturgie online.
L’appello per la liberazione dei prigionieri
La Chiesa greco-cattolica ucraina continua a chiedere il rilascio dei suoi religiosi detenuti dalle autorità russe. L’arcivescovo maggiore Sviatoslav Shevchuk ha lanciato un forte appello per la liberazione dei prigionieri come gesto pasquale. Le parole di papa Francesco sullo scambio di tutti i prigionieri, pronunciate il 31 marzo, hanno avuto un impatto significativo.
Shevchuk ha chiesto anche il rimpatrio di tre categorie di detenuti: donne militari, operatori sanitari e sacerdoti. L’arcivescovo ha sottolineato l’importanza di un impegno concreto per aiutare queste persone a tornare a casa.
La strategia di ‘russificazione’ nelle regioni occupate
La Pasqua anticipa il Giorno della Vittoria, la festa russa che celebra la sconfitta della Germania nazista il 9 maggio. Il Cremlino ha imposto questa ricorrenza anche nelle regioni occupate dell’Ucraina, con bandiere rosse e celebrazioni obbligatorie. A Melitopol, la scuola numero 23 è stata decorata con disegni degli alunni in onore dei militari russi.
La colonizzazione delle regioni occupate passa anche attraverso il sistema educativo. Una ragazzina è stata punita perché non conosceva la data di nascita di Putin. La città di Mariupol, devastata dalla guerra, è stata trasformata in una ‘vetrina postbellica’ dal Cremlino. Secondo il sindaco in esilio Vadym Boychenko, metà della città non esiste più e 52mila famiglie sono senza casa, ma il Cremlino ha già costruito 3mila nuovi appartamenti.
La bolla immobiliare e gli espropri
Melitopol vive una bolla immobiliare con la costruzione di nuove abitazioni. Marat Khusnullin, vice premier russo, ha annunciato prestiti agevolati per chi si trasferisce nelle nuove regioni. Le case sono gratuite per medici, poliziotti e militari russi. Per costruire questi nuovi alloggi, sono stati impiegati operai a basso costo dall’Asia centrale.
La ‘russificazione’ procede anche con espropri delle case degli ucraini fuggiti. Kiev denuncia che le autorità russe si stanno appropriando delle abitazioni dei rifugiati e di chi rifiuta di avere documenti russi. Nei condomini vengono lasciati avvisi di visite porta a porta, e se nessuno è presente, la casa viene nazionalizzata.
La commistione tra ‘trono’ e ‘altare’
Nelle regioni occupate, la commistione tra ‘trono’ e ‘altare’ è evidente. Il patriarca Kirill ha benedetto la ‘guerra santa’, e i sacerdoti che rifiutano di passare al patriarcato di Mosca vengono espulsi. Don Oleksandr racconta di un suo collega che, per non rinnegare la Chiesa greco-cattolica, è stato mandato al confino.
Alla vigilia di Pasqua, la Chiesa ortodossa russa ha lanciato una ‘missione di fraternità’ nelle terre occupate. Gruppi di volontari sono stati arruolati per ricostruire le case dei più fragili colpiti dalle azioni militari. Questa iniziativa, più che un ponte solidale, sembra un puntello alla strategia di Putin.