Le proteste universitarie pro Palestina: una crisi educativa e ideologica
Negli ultimi tempi, le università francesi sono state il teatro di accesi dibattiti e manifestazioni legate alla questione israelo-palestinese. Uno degli osservatori più acuti di questa situazione è il professor Gilles Kepel, politologo e uno dei maggiori esperti mondiali di Medio Oriente. Kepel ha recentemente pubblicato il libro «Olocausti», che analizza la situazione di Israele, Gaza e la “guerra contro l’Occidente”.
Intervistato riguardo agli eventi recenti, Kepel ha espresso preoccupazione per lo stato attuale delle università d’élite come Sciences Po. “È il crollo di un’istituzione fondamentale, che ha capitolato di fronte all’ideologia woke e ha rinunciato alla trasmissione del sapere”, afferma Kepel, evidenziando un declino che ritiene sia iniziato anni fa.
Il declino delle élite educative francesi
Secondo Kepel, il declino di Sciences Po è iniziato con l’apertura dell’università a studenti provenienti dalle periferie, un’iniziativa teoricamente positiva. “Descoings mi associò alla sua iniziativa e a me pareva una cosa positiva”, ricorda Kepel. Tuttavia, il problema è sorto quando non si è mantenuto alto il livello degli studenti e della direzione.
Dopo la morte di Descoings, la leadership dell’istituzione è passata a funzionari dell’Ena, e si è puntato tutto sulla democratizzazione e internazionalizzazione della scuola. Questo cambiamento ha trascurato l’aspetto fondamentale del sapere, che dovrebbe essere il fulcro di un’istituzione di alto livello come Sciences Po.
Il legame con le proteste nei campus americani
Kepel vede un parallelo tra le dinamiche in Sciences Po e le proteste nei campus americani. L’attuale amministratore di Sciences Po ha annunciato un town hall con un linguaggio mutuato dai campus statunitensi, un segno dell’influenza culturale transatlantica. Kepel osserva che Sciences Po è ora influenzata dalla propaganda della France Insoumise di Jean-Luc Mélenchon, che vede nel 7 ottobre una ridefinizione degli equilibri globali.
“Il 7 ottobre è peggiore dell’11 settembre”, sostiene Kepel, spiegando che mentre dopo gli attentati del 2001 l’Occidente reagì compatto, ora una parte dell’Occidente si schiera con i carnefici, dimenticando il massacro del 7 ottobre e gli ostaggi ancora nelle mani di Hamas.
La criminalizzazione delle proteste
I manifestanti pro-Palestina lamentano che la loro protesta venga criminalizzata, ma Kepel sottolinea l’importanza di ricordare tutti i fatti. “Quando vengono totalmente dimenticati il massacro del 7 ottobre e il fatto che ci sono ancora oltre 100 ostaggi nelle mani di Hamas, la protesta diventa meno basata sui fatti e più sull’ideologia”, afferma Kepel.
Recentemente, davanti a Sciences Po si sono affrontati manifestanti pro-Israele e pro-Palestina, con l’anfiteatro Boutmy ribattezzato anfiteatro Gaza. Kepel critica questo come contrario alla missione universitaria di confronto argomentato di tutte le posizioni.
Il “jihadismo d’atmosfera”
In un suo precedente libro, Kepel aveva parlato di “jihadismo d’atmosfera”, un concetto che sembra risuonare anche oggi. “Non ci sono violenze, almeno per il momento, per fortuna. Ma questo clima, alimentato per anni dai Fratelli musulmani, ha favorito le uccisioni dei professori Samuel Paty e Dominique Bernard”, avverte Kepel.
Il professore teme che qualcuno possa sfruttare questo clima per collegare le Olimpiadi alla causa palestinese, come avvenne nel 1972 a Monaco, sottolineando la pericolosità di un’atmosfera tesa e polarizzata nelle università.