Gaza: Spiraglio di Tregua, ma la Fine della Guerra Resta un Ostacolo
L’emiro del Qatar, da dodici anni ospitante i leader di Hamas, ha recentemente avvertito il gruppo di prepararsi a un possibile trasloco. Questo avviso è stato trasmesso dal segretario di Stato americano, Antony Blinken, al premier qatariota Mohammed bin Abdulrahman Al Thani lo scorso aprile. Già nel 2012 erano stati gli Stati Uniti a chiedere al Qatar di offrire una sede ai leader di Hamas per mantenere aperto un canale di mediazione con l’organizzazione che controlla Gaza dal 2007, dopo averne preso il controllo con la forza dal presidente Abu Mazen.
Pressioni Americane sul Qatar
Ora, Blinken sta esercitando tutte le pressioni possibili affinché Hamas accetti l’ultima proposta di cessate il fuoco, attualmente in discussione in Egitto. Ha chiarito al Qatar che una risposta negativa non è accettabile. Secondo i media sauditi, i jihadisti di Hamas sembrano disposti a procedere con un piano di tregua suddiviso in tre fasi. La prima fase, della durata di sei settimane, prevede il rilascio di 33 ostaggi israeliani, tra cui donne, minori, anziani e malati.
Nei successivi passaggi, i soldati e gli uomini sotto i 50 anni sarebbero scambiati con altri detenuti palestinesi. Fonti saudite riportano che Israele sarebbe pronto a liberare Marwan Barghouti, condannato a cinque ergastoli, a patto che si trasferisca a Gaza, nonostante la sua origine cisgiordana e la sua famiglia residente lì. Barghouti è visto da molti palestinesi, diplomatici internazionali e alcuni israeliani come l’unico vero successore del presidente Abu Mazen.
Netanyahu e le Tensioni Crescenti
I rappresentanti di Hamas si trovano attualmente al Cairo, mentre il primo ministro israeliano Benjamin Netanyahu avrebbe rinviato la partenza di una delegazione guidata dal direttore del Mossad. Netanyahu ha anche lasciato filtrare due messaggi per ridurre le aspettative di una svolta nei negoziati. Una “fonte politica di alto livello” ha ribadito che l’esercito israeliano proseguirà con l’invasione di Rafah. Questa stessa fonte ha inoltre spiegato che per Israele non è possibile accettare un cessate il fuoco permanente.
Tzahi Hanegbi, consigliere per la Sicurezza Nazionale e fedelissimo del premier, ha dichiarato ai telegiornali del sabato sera che le truppe israeliane entreranno a Rafah “molto presto” e che Yahya Sinwar, pianificatore degli attacchi del 7 ottobre, “non resterà vivo”. Sinwar avrebbe l’ultima parola sull’accordo, e il Canale 12 israeliano specula che i segnali “positivi” potrebbero essere una tattica per guadagnare tempo.
Proteste e Richieste di Dimissioni
Nel frattempo, i familiari degli ostaggi sono sempre più preoccupati. Ieri sera, migliaia di persone hanno partecipato a manifestazioni di protesta per le strade di Tel Aviv, chiedendo che l’accordo venga finalizzato e invocando le dimissioni del governo. Dopo la pausa nei combattimenti dello scorso novembre, ancora 133 ostaggi sono detenuti dai terroristi, e una trentina di loro è stata dichiarata morta dall’intelligence israeliana.
Emergenza Umanitaria a Gaza
La situazione a Gaza è critica. Cindy McCain, direttrice del Programma Alimentare Mondiale, ha denunciato che “La carestia sta per scoppiare ed è già in corso nel nord della Striscia”. Gli Stati Uniti hanno sospeso la costruzione di un porto flottante al largo di Gaza a causa delle condizioni avverse del mare. Questo pontile avrebbe dovuto consentire un afflusso molto maggiore di aiuti nella parte più colpita dalla fame. Finora, i palestinesi uccisi in 211 giorni di guerra sono quasi 35 mila.
La crisi umanitaria a Gaza continua a peggiorare, con la popolazione locale che lotta quotidianamente per la sopravvivenza. Le pressioni internazionali per una tregua si intensificano, ma il raggiungimento di un vero e duraturo cessate il fuoco sembra ancora lontano.