Il declino di Sciences Po: un’istituzione in crisi
PARIGI — Il professor Gilles Kepel, uno dei massimi esperti mondiali di Medio Oriente, ha recentemente pubblicato in Francia il libro «Olocausti» su Israele, Gaza e la guerra contro l’Occidente. L’opera uscirà in Italia dopo l’estate per Feltrinelli. Kepel ha insegnato per trent’anni a Sciences Po e offre una visione critica di quello che sta accadendo alla prestigiosa scuola d’élite francese.
Secondo il professor Kepel, quella di Sciences Po è una crisi profonda, che ha radici lontane. “È il crollo di un’istituzione fondamentale, che ha capitolato di fronte all’ideologia woke e ha rinunciato alla trasmissione del sapere,” dichiara Kepel. La crisi sarebbe iniziata molti anni fa, quando l’allora direttore Richard Descoings decise di aprire l’accesso a studenti provenienti dalle periferie, una scelta che, sebbene positiva in teoria, ha portato a un abbassamento del livello accademico.
Un’apertura mal gestita
Kepel non era contrario all’apertura di Sciences Po agli studenti delle periferie. “Descoings mi associò alla sua iniziativa e a me pareva una cosa positiva,” spiega il professore. Tuttavia, il problema risiedeva nella gestione di questa apertura. “Non si è fatta abbastanza attenzione a mantenere alto il livello degli studenti, e anche della direzione,” aggiunge.
Dopo la morte di Descoings, la guida di Sciences Po è passata nelle mani di due alti funzionari provenienti dall’Ena, non professori. Questo cambiamento ha portato a una maggiore enfasi sulla democratizzazione e internazionalizzazione della scuola, trascurando però il sapere, che è l’essenza di un’istituzione di alto livello come Sciences Po.
Il legame con le proteste nei campus americani
Il declino di Sciences Po non è un fenomeno isolato, ma trova riscontro anche nelle dinamiche presenti nei campus universitari americani. Il professor Kepel sottolinea come l’attuale amministrazione di Sciences Po abbia adottato un linguaggio tipico dei campus statunitensi, annunciando un “town hall”, ovvero un incontro tra direzione e studenti.
Secondo Kepel, Sciences Po è caduta preda della propaganda della France Insoumise di Jean-Luc Mélenchon, che vede negli eventi del 7 ottobre una ridefinizione degli equilibri globali. “In questo senso il 7 ottobre è peggiore dell’11 settembre,” afferma Kepel. Mentre dopo gli attentati dell’11 settembre l’Occidente reagì compatto, oggi una parte di esso si schiera con i carnefici piuttosto che con le vittime.
Il ruolo della protesta pro-Palestina
Le manifestazioni pro-Palestina hanno sollevato numerose polemiche. I manifestanti lamentano che la loro protesta venga criminalizzata. “Non è lecito denunciare le migliaia di civili palestinesi uccisi dalle scelte del premier israeliano Netanyahu?” si chiedono. Kepel risponde che, sebbene sia giusto denunciare tali atrocità, è inaccettabile dimenticare il massacro del 7 ottobre e il fatto che ci siano ancora oltre 100 ostaggi nelle mani di Hamas.
Qualche giorno fa, davanti a Sciences Po, si sono affrontati manifestanti pro-Israele e pro-Palestina. L’anfiteatro Boutmy, dove Kepel ha tenuto molte lezioni, è stato ribattezzato anfiteatro Gaza. “È il contrario di quello che dovrebbe accadere in un’istituzione universitaria, fatta per la messa a confronto argomentata di tutte le posizioni,” commenta il professore.
Il “jihadismo d’atmosfera”
In un precedente libro, il professor Kepel ha parlato di “jihadismo d’atmosfera”, un concetto che sembra trovare conferma negli attuali eventi. Sebbene non ci siano violenze, almeno per il momento, Kepel avverte che il clima attuale, alimentato per anni dai Fratelli musulmani, ha già favorito le uccisioni dei professori Samuel Paty e Dominique Bernard.
“La situazione attuale potrebbe peggiorare,” avverte Kepel, “specialmente se qualcuno decidesse di collegare le Olimpiadi con la causa palestinese, come accadde nel 1972 a Monaco.” Le parole di Kepel sono un monito sulla necessità di mantenere alta la guardia e di non sottovalutare i segnali di radicalizzazione che potrebbero emergere.
La crisi dell’istruzione superiore
Il caso di Sciences Po è emblematico di una crisi più ampia che sta colpendo l’istruzione superiore in tutto il mondo. Le università, tradizionalmente luoghi di sapere e di confronto intellettuale, stanno diventando sempre più arene di scontro ideologico. Questo fenomeno non riguarda solo la Francia, ma si estende anche agli Stati Uniti e ad altri paesi occidentali.
La situazione richiede una riflessione profonda su come le università possano ritrovare la loro missione originaria. In un contesto globale sempre più complesso, è fondamentale che le istituzioni educative tornino a essere luoghi di eccellenza accademica e di dialogo costruttivo.
Il futuro di Sciences Po
Il futuro di Sciences Po appare incerto. La scuola, un tempo simbolo di eccellenza accademica, deve ora affrontare sfide enormi per risollevarsi. La crisi attuale potrebbe rappresentare un’opportunità per ripensare le strategie educative e ritrovare il proprio ruolo di faro del sapere.
Il professor Kepel rimane comunque speranzoso. “L’importante è non perdere di vista l’essenza dell’istruzione,” afferma. “Dobbiamo tornare a valorizzare il sapere e il confronto intellettuale, senza lasciarci influenzare dalle mode ideologiche del momento.”