Le proteste pro-Gaza infiammano i campus universitari americani e non solo
Nei campus universitari americani, dopo due settimane di scontri che hanno portato a circa 2.300 arresti, la situazione sembra essersi calmata. Tuttavia, le tensioni restano alte e le misure di sicurezza sono state rafforzate in vista delle cerimonie di laurea.
A Rafah, nel sud della Striscia di Gaza, sui ripari degli sfollati palestinesi sono apparsi messaggi di ringraziamento verso gli studenti americani: “Grazie, studenti della Columbia University”, “Grazie, studenti universitari americani”. Questi messaggi testimoniano l’impatto globale delle proteste.
Proteste internazionali e risposta delle autorità
La situazione nei campus americani è relativamente tranquilla rispetto a quella di Parigi, dove le autorità hanno evacuato nuovamente Sciences Po. Studenti filo-palestinesi avevano occupato l’istituto in segno di protesta contro le partnership con istituti israeliani. Anche la sede di Sciences Po a Lione è stata sgomberata.
Nel Regno Unito, le proteste si sono estese da Londra a università come Bristol, Newcastle e Warwick. In Australia, tendopoli di protesta sono spuntate a Adelaide, Canberra, Melbourne e Sydney.
Arresti e scioperi della fame negli USA
Negli Stati Uniti, le tensioni restano alte. A Greenwich Village, una cinquantina di studenti sono stati arrestati per aver rifiutato di sgomberare i campus della New York University (NYU) e della New School. Questo storico ateneo aveva accolto intellettuali in fuga dal nazismo e fascismo durante la vigilia della seconda guerra mondiale.
Alla Portland State University in Oregon, altri 30 studenti sono stati arrestati dopo essersi barricati in una biblioteca. A Princeton, un gruppo di studenti ha iniziato uno sciopero della fame per chiedere all’università di ritirare gli investimenti da società che supportano indirettamente le azioni militari di Israele a Gaza. Un’iniziativa simile è stata presa in considerazione anche da altre università come Rutgers e Brown.
Le cerimonie di laurea sotto stretta sorveglianza
Con le lezioni ormai concluse o in dirittura d’arrivo, il prossimo banco di prova saranno le cerimonie di laurea. Questi eventi, solitamente momenti di festa per studenti e famiglie, quest’anno saranno blindati con polizia, metal detector e divieti di portare striscioni, bandiere o borse voluminose.
La University of Southern California a Los Angeles ha addirittura cancellato la sessione plenaria alla quale erano attesi 65.000 tra parenti e amici dei laureati. Gli studenti che hanno iniziato il college durante il lockdown da Covid-19 si trovano ora ad affrontare un nuovo momento traumatico.
I keynote speakers e le loro sfide
Anche il compito dei keynote speakers, i vip destinatari delle lauree ad honorem, sarà complesso. Tra i nomi famosi ci sono il comico Jerry Seinfeld a Duke e il co-fondatore di Apple Steve Wozniak all’Università del Colorado. Il più atteso è il presidente Joe Biden, che parlerà il 19 maggio al Morehouse College di Atlanta.
Questo storico ateneo afro-americano, frequentato da Martin Luther King, ha visto il corpo docente chiedere alla Casa Bianca un “momento di confronto diretto” prima che il presidente salga sul podio. L’obiettivo è evitare che le polemiche sul conflitto a Gaza rubino la scena ai veri protagonisti della giornata: gli studenti.
La situazione nei campus universitari è un riflesso delle tensioni globali e delle crescenti richieste di giustizia sociale. La mobilitazione degli studenti rappresenta una voce potente che non può essere ignorata.