![Crisi educativa a Sciences Po: analisi e implicazioni delle recenti tensioni 1 20240514 195106](https://masainews.it/wp-content/uploads/2024/05/20240514-195106.webp)
Le radici della crisi nelle istituzioni educative
Il politologo Gilles Kepel, uno dei massimi esperti mondiali di Medio Oriente, ha espresso preoccupazione per la situazione attuale nelle istituzioni educative francesi. In particolare, Kepel ha sottolineato la crisi che sta attraversando Sciences Po, una delle scuole di élite non solo francesi, ma mondiali.
Secondo Kepel, l’istituzione ha capitolato di fronte all’ideologia woke, rinunciando alla trasmissione del sapere. Questo declino è iniziato molti anni fa, quando l’allora direttore Richard Descoings ha deciso di aprire Sciences Po a studenti provenienti dalle periferie, le cosiddette banlieue, anziché limitarsi ai soliti quartieri parigini.
Le conseguenze della democratizzazione
Kepel non era contrariato dall’idea di democratizzare l’accesso alla scuola, anzi, egli stesso partecipò attivamente all’iniziativa. Tuttavia, il problema è emerso quando non si è prestata sufficiente attenzione a mantenere alto il livello degli studenti e della direzione.
Dopo la morte tragica di Descoings, la gestione dell’istituzione è passata a due alti funzionari provenienti dall’Ena, e non a professori. Questo cambiamento ha spostato l’attenzione sulla democratizzazione e internazionalizzazione, trascurando il sapere, la ragion d’essere profonda di una scuola di alto livello come Sciences Po.
Il legame con le proteste nei campus americani
Secondo Kepel, il problema di Sciences Po è paragonabile a quello che sta avvenendo nei campus americani. L’attuale amministratore provvisorio di Sciences Po ha annunciato un incontro tra direzione e studenti, utilizzando il gergo dei campus americani. Questo, per Kepel, è un segno della propaganda della France Insoumise di Jean-Luc Mélenchon.
Per Kepel, il 7 ottobre rappresenta una re-definizione degli equilibri globali e si rivela peggiore dell’11 settembre. Dopo gli attentati del 2001, l’Occidente reagì compatto, mentre ora una parte dell’Occidente si schiera con i carnefici e non con le vittime.
Le proteste pro-Palestina e l’ideologia
I manifestanti pro-Palestina lamentano che la loro protesta viene criminalizzata, accusando il premier israeliano Netanyahu per le migliaia di civili palestinesi uccisi. Tuttavia, quando viene dimenticato il massacro del 7 ottobre e il fatto che ci sono ancora oltre 100 ostaggi nelle mani di Hamas, la protesta, secondo Kepel, diventa meno basata sui fatti e più sull’ideologia.
Recentemente, davanti a Sciences Po si sono affrontati manifestanti pro-Israele e pro-Palestina. L’anfiteatro Boutmy, dove Kepel ha tenuto molte lezioni, è stato ribattezzato anfiteatro Gaza, un segnale del clima di tensione che pervade l’istituzione universitaria.
Il “jihadismo d’atmosfera” e le sue implicazioni
In un suo precedente libro, Kepel ha parlato di “jihadismo d’atmosfera”, un concetto che vede all’opera anche in questi giorni. Fortunatamente, non ci sono state violenze al momento, ma il clima attuale, alimentato per anni dai Fratelli musulmani, ha già portato a tragici episodi come le uccisioni dei professori Samuel Paty e Dominique Bernard.
Kepel spera che qualcuno non approfitti della situazione per collegare le prossime Olimpiadi alla causa palestinese, come accadde nel 1972 a Monaco. La preoccupazione è che il clima di tensione possa degenerare ulteriormente, portando a nuovi episodi di violenza.