Parigi, Sciences Po nuovamente occupata dagli studenti pro-Palestina: la polizia interviene
Questa volta la polizia francese è arrivata alle 11 del mattino. Ma è finita peggio della volta precedente, la sera del 24 aprile: gli agenti del Crs – la polizia antisommossa – hanno sgomberato con la forza gli studenti pro-Palestina che dal giorno prima occupavano l’università Sciences Po a Parigi. L’altra sera erano entrati in 120, nella prestigiosa sede universitaria di Rue Saint-Guillaume. Ieri a mezzogiorno la questura di Parigi comunicava che 91 studenti erano stati stati evacuati a forza «senza incidenti», mentre la ministra dell’istruzione superiore Sylvie Retailleau chiedeva ai presidenti delle università di garantire il «mantenimento dell’ordine» utilizzando «la massima estensione dei poteri» a loro disposizione.
Le ragioni della nuova occupazione
La nuova occupazione degli studenti era iniziata in seguito all’incontro di giovedì 2 maggio tra l’amministrazione dell’ateneo e il corpo studentesco: la convocazione di questa assemblea era stata una delle richieste degli studenti durante i primi giorni di occupazione, accettata dall’amministrazione in quella che gli studenti avevano visto come una parziale vittoria e un segno di apertura al dialogo.
«Purtroppo l’assemblea è stata una farsa» racconta Pierre (nome di fantasia), uno studente di Sciences Po che da mesi partecipa alle mobilitazioni del Comitato di Solidarietà per la Palestina, «doveva essere l’occasione per l’amministrazione e la comunità di Sciences Po di discutere insieme sulle nostre richieste e sulla risposta di Sciences Po alla situazione in Palestina, invece la postura dell’amministrazione è stata quella di una totale indisponibilità ad ascoltarci o aprire ulteriormente un dialogo». Tra le principali richieste del Comitato di Solidarietà per la Palestina, un comitato investigativo sui partenariati tra Sciences Po e le università israeliane: una questione su cui il direttore ad interim Jean Bassères ha ribadito non ci sarebbe stata alcuna apertura.
La reazione degli studenti
«Eravamo estremamente delusi della situazione e abbiamo deciso di occupare nuovamente l’università per rilanciare le nostre richieste.» Oltre un centinaio di studenti ha quindi passato la notte nella storica sede dell’ateneo. «Eravamo molti di più della settimana scorsa» racconta Pierre, «ci siamo svegliati con la notizia che la polizia aveva cominciato ad arrivare fuori dall’università: l’amministrazione ci ha dato un ultimatum, se nel giro di venti minuti non avessimo accettato di smobilitare e rinunciare a qualsiasi forma di mobilitazione per il resto dell’anno, avrebbero fatto entrare la polizia».
Verso le 11 di mattina, quindi, per la seconda volta in poco più di una settimana, la polizia ha fatto irruzione a Sciences Po. «Una parte di noi ha deciso di uscire in gruppo prima dell’ingresso della polizia, un’altra parte di noi si è seduta nella hall, continuando la protesta in maniera pacifica, incrociando le braccia e aspettando la polizia» racconta Pierre. L’amministrazione ha poi chiuso l’accesso al campus. Sgombrata a forza e chiusa anche Sciences Po a Lione. Mobilitazioni anche a Lille e Saint-Etienne.
Le proteste si diffondono
Nelle ultime settimane, le proteste degli studenti contro la strage di Gaza sono diventate sempre più numerose e sempre più partecipate, sia negli Stati Uniti che in Europa. In Francia, nella scorsa settimana, molte università sono state teatro di proteste e occupazioni, oltre a Sciences Po anche la Sorbona di Parigi: la maggior parte di queste mobilitazioni sono state sgomberate tempestivamente dalla polizia. «È una situazione senza precedenti: dopo qualche ora in cui gli studenti non cedono a tutte le richieste dell’università, arrivano le forze dell’ordine», dice Pierre, «a Sciences Po questa cosa non era mai successa, ma da quando si è cominciato a parlare di Palestina è successo due volte in due settimane». Nel pomeriggio manifestazione a Place du Panthéon, su appello di diversi sindacati studenteschi.
Il movimento di solidarietà con la Palestina si sta estendendo a macchia d’olio in tutta Europa, con dimostrazioni che coinvolgono un numero crescente di partecipanti. La determinazione degli studenti è evidente, ma anche la risposta delle autorità sembra essere altrettanto ferma. La questione non riguarda solo la libertà di espressione, ma anche la politica internazionale e i rapporti tra istituzioni accademiche e stati stranieri.
Il ruolo delle università
Le università, tradizionalmente luoghi di dibattito e confronto, si trovano ora al centro di una tensione crescente tra il diritto di protesta e la necessità di mantenere l’ordine. L’appello della ministra Retailleau per un’azione decisa da parte delle amministrazioni universitarie ha suscitato reazioni contrastanti. Da un lato, c’è chi sostiene la necessità di garantire la sicurezza e il normale svolgimento delle attività accademiche; dall’altro, chi denuncia un approccio repressivo che soffoca il dissenso e la libertà di espressione.
Le parole di Pierre riflettono il sentimento di frustrazione e delusione provato da molti studenti. La richiesta di un comitato investigativo sui partenariati tra Sciences Po e le università israeliane è solo una delle tante che i manifestanti stanno portando avanti. La mancanza di apertura da parte dell’amministrazione non fa che alimentare ulteriormente il malcontento e la determinazione dei giovani a far sentire la propria voce.
Prospettive future
Il futuro delle mobilitazioni studentesche a sostegno della Palestina rimane incerto. Da un lato, la determinazione degli studenti a continuare le loro proteste potrebbe portare a nuove occupazioni e manifestazioni; dall’altro, la risposta delle autorità potrebbe diventare ancora più dura e repressiva.
Quello che è certo è che la questione palestinese è diventata un punto centrale di dibattito nelle università francesi e non solo. La capacità degli studenti di organizzarsi e mobilitarsi in modo efficace sarà cruciale per determinare l’evoluzione delle proteste e, forse, per influenzare le politiche delle istituzioni accademiche in futuro.