«Per noi la Pasqua non è solo una tradizione o una festa. Per noi la Pasqua è tutto. E finché celebreremo e vivremo la Pasqua e la Risurrezione in questo modo, sono sicuro che nemmeno la morte avrà accesso a noi», afferma con fermezza don Roman Mykievych, sacerdote greco-cattolico ucraino e parroco di Tysmenytsia, situata nell’arcieparchia di Ivano-Frankivsk, nell’ovest dell’Ucraina. Questa consapevolezza, secondo il sacerdote, è diventata ancora più radicata con l’inizio della guerra, trasformandosi in un modo di vivere per affrontare le perdite umane, sia tra i civili che tra i militari.
I funerali dei soldati: una sfida immensa
Per i sacerdoti ucraini, i funerali dei militari caduti in guerra rappresentano una delle sfide più grandi dall’inizio del conflitto il 24 febbraio 2022. Don Roman, che è anche a capo del decanato che unisce 17 parrocchie, racconta: «Pensate che su diciassette parrocchie qui solo una non ha avuto nessun funerale di soldati che hanno perso la vita al fronte. Tutte le altre parrocchie hanno avuto funerali, alcune ne hanno avuti più di dieci. Qui, a Tysmenytsia, nella mia parrocchia, ho avuto cinque funerali di soldati e nel nostro decanato ce ne sono già stati fino a una trentina».
L’organizzazione di questi funerali è un compito estremamente delicato. Per dare sostegno alle famiglie colpite dalla tragedia, si cerca di rendere il funerale il più solenne possibile: partecipano militari, rappresentanti dell’autorità locale e tutti i sacerdoti del decanato. «Si tratta di esperienze e perdite molto difficili», spiega don Roman, sottolineando l’importanza del sostegno spirituale per le famiglie e le comunità coinvolte.
Il ruolo cruciale del sacerdote
La presenza di un sacerdote durante i funerali è fondamentale. «Quando sei stato al funerale, hai accompagnato la famiglia nell’ultimo saluto al defunto, hai guidato la processione, allora queste persone sembrano diventare la tua famiglia, iniziano a fidarsi di più di te, si avvicinano alla Chiesa», racconta don Roman. Questa vicinanza continua anche dopo il funerale, con incontri in città o visite alle famiglie, che spesso cercano conforto e desiderano parlare della loro tristezza.
Il peso emotivo dei funerali
I funerali dei soldati rappresentano un’esperienza molto difficile anche per i sacerdoti stessi. Don Roman, come decano, presiede tutti i funerali nel suo decanato. Finora ce ne sono stati oltre una trentina. «Quando ti trovi davanti a un corpo senza vita di un ragazzo – osserva don Roman – pensi che forse tu avresti dovuto essere lì, ti rendi conto che se quell’uomo non avesse combattuto, chissà se tu saresti ancora qui, a vivere e a camminare su questa terra… È come se fosse andato al posto tuo, ti avesse salvato e fosse morto lui stesso. E questo sentimento è molto doloroso», confessa il sacerdote.
Per affrontare queste situazioni, don Roman sottolinea l’importanza dell’Eucarestia quotidiana e della preghiera, oltre che dell’aiuto reciproco tra i sacerdoti: «Quando siamo in tanti è più facile, perché ci sosteniamo a vicenda. Ci sono stati momenti in cui, ad esempio, la mamma di un soldato defunto si è sentita male durante un funerale. Quindi è arrivata un’ambulanza, i medici hanno prestato immediatamente soccorso. Abbiamo sospeso per un po’ il funerale e i seminaristi che erano stati invitati, hanno iniziato a cantare canzoni religiose per aspettare che la madre si riprendesse.»
La collegialità ecclesiale
Secondo don Roman, la collegialità e l’ecclesialità sono essenziali in questi momenti. «Quando c’è un funerale di un nostro militare, il sacerdote della parrocchia scrive nel nostro gruppo social e chiede sacerdoti del decanato: “Cari confratelli, venite, per favore a sostenere me e la famiglia del soldato caduto”», racconta. Questo sostegno concreto degli altri sacerdoti è fondamentale, soprattutto quando si tratta di funerali di persone conosciute e vicine.
Don Roman ricorda un’esperienza personale particolarmente toccante: «Quando hanno portato dal fronte il mio vicino… lo conoscevo da molti anni, lo vedevo sempre… E in quel momento ti arriva una grande tristezza, durante la predica la voce cambia, in certi momenti ti viene da piangere perché vedi una persona familiare in quella bara».
La Pasqua come centro della vita
In questo contesto, la celebrazione della Pasqua diventa il centro della vita. «Per noi la Pasqua non è solo una tradizione o una festa. Per noi la Pasqua è tutto», sottolinea don Roman. La celebrazione della Pasqua, con i suoi rituali profondamente radicati, rappresenta un momento di rinnovamento spirituale e di speranza per il popolo ucraino.
«Per loro è l’apice di tutto, è sacro. Anche se uno non va in chiesa durante tutto l’anno, andare a venerare Plashchanytsia o far benedire paska è sacro. Prima della Pasqua tanta gente va anche a confessarsi. Quindi questo evento della Pasqua e della Risurrezione è un evento molto serio per il nostro popolo», conclude don Roman, convinto che questa fede profonda sia un elemento salvifico per la comunità.