Nell’ombra di un conflitto che non accenna a diminuire di intensità, l’Ucraina vive una Pasqua tra repressione e speranza. Mentre le forze russe intensificano le loro operazioni militari, con l’obiettivo dichiarato di conquistare strategicamente importanti città ucraine come Chasiv Yar, la festività pasquale si carica di un significato ancora più profondo, soprattutto per le comunità cattoliche e ortodosse del Paese.
La lotta per Chasiv Yar
Il presidente russo Vladimir Putin ha fissato come priorità la conquista di Chasiv Yar, città di cruciale importanza per il controllo del Donetsk. La cittadina, vista come un avamposto strategico verso Kramatorsk, è teatro di una battaglia che potrebbe definire gli equilibri futuri nella regione. Secondo l’intelligence britannica, questa operazione potrebbe portare a un drastico aumento delle perdite russe nei prossimi mesi. Nonostante ciò, Mosca prosegue nei suoi tentativi di avanzata, come dimostrato dai recenti attacchi a Kharkiv che hanno causato feriti e distruzioni.
La Pasqua tra oppressione e resistenza
In questa atmosfera di tensione, le celebrazioni pasquali assumono una nota di particolare amarezza. Le autorità russe, che controllano circa l’80% della regione di Zaporizhzhia, hanno permesso le celebrazioni liturgiche solo nelle chiese legate alla Chiesa ortodossa russa. Le parrocchie di altre confessioni sono state chiuse, come testimoniato da don Oleksandr Bogomaz, uno degli ultimi sacerdoti cattolici espulsi dai territori occupati. La sua storia è emblematica della repressione religiosa esercitata dal Cremlino nelle aree sotto il suo controllo.
Nel frattempo, l’Ucraina cerca di mantenere vive le sue tradizioni religiose, nonostante il veto imposto alle riunioni di preghiera. Don Oleksandr, ad esempio, continua a guidare le celebrazioni online per la sua comunità resistente a Melitopol. Questa Pasqua segna il terzo anno di guerra per l’Ucraina, un periodo segnato dalla paura e dalla repressione, ma anche dalla resilienza di chi si rifiuta di rinunciare alla propria fede e identità.
Appelli per la pace e la solidarietà
In questo contesto di conflitto, le figure religiose lanciano appelli per la pace e per gesti concreti di solidarietà. L’arcivescovo maggiore Sviatoslav Shevchuk, capo della Chiesa greco-cattolica ucraina, ha rinnovato la richiesta di liberazione dei prigionieri come gesto pasquale, riecheggiando le parole di Papa Francesco per uno scambio di prigionieri ‘tutti per tutti’. Questi appelli sottolineano il desiderio di un rinnovato impegno verso la pace e la giustizia, anche nei momenti più bui.
La russificazione forzata delle regioni occupate
La strategia di Mosca nelle regioni occupate dell’Ucraina non si limita alla repressione religiosa, ma si estende a un tentativo di colonizzazione culturale e demografica. A Melitopol, come in altre città sotto controllo russo, le autorità puntano su una rapida ricostruzione e russificazione, cercando di cancellare le tracce del conflitto e di integrare queste aree nell’orbita del Cremlino. Questo processo è evidente non solo nella costruzione di nuove abitazioni e nell’esproprio di quelle appartenenti a famiglie ucraine in fuga, ma anche nella manipolazione dell’educazione e nella sostituzione della popolazione locale con cittadini russi.
Un futuro incerto
Mentre l’Ucraina si prepara a commemorare il Giorno della vittoria il 9 maggio, la festa che ricorda la fine della seconda guerra mondiale, il Paese si trova di fronte a una realtà complessa e dolorosa. La guerra ha lasciato cicatrici profonde, ma ha anche rafforzato il senso di identità e di resistenza di un popolo che cerca la pace pur affrontando le sfide di un’occupazione oppressiva. La Pasqua di quest’anno, segnata dalla sofferenza ma anche dalla speranza, riflette il difficile cammino dell’Ucraina verso un futuro di libertà e sovranità.