Medici Senza Frontiere e la crisi sanitaria a Gaza: il drammatico racconto di Roberto Scaini
Il suono incessante dei droni, gli aerei che sorvolano la Striscia di Gaza, i carri armati al confine, gli spari e i bombardamenti. Questa è la realtà quotidiana descritta da Roberto Scaini, un medico italiano che ha recentemente trascorso del tempo a Gaza come responsabile medico con Medici Senza Frontiere (MSF). A 51 anni, Scaini, di professione medico di famiglia a Misano, ha condiviso la sua esperienza e le impressioni sulle condizioni di vita e sanitarie nella Striscia di Gaza, una zona fortemente colpita dai conflitti.
La sua testimonianza arriva in un momento in cui MSF ha pubblicato un rapporto denuncia intitolato ‘Morti silenziose a Gaza’, che documenta la devastazione del sistema sanitario palestinese e le terribili condizioni di sopravvivenza a Rafah, sei mesi dopo l’inizio della guerra. Il rapporto, basato su dati medici e testimonianze di pazienti, evidenzia la disperata ricerca di acqua pulita, cibo, riparo e cure mediche da parte della popolazione civile.
La difficile partenza e la situazione inaccettabile
‘Come sto? Devo confessare che è stato difficile stare a Gaza ma la cosa più difficile è sicuramente stata andare via da Gaza’, ha dichiarato Scaini. Lasciare alle spalle una situazione ‘assolutamente inaccettabile’ è stato un duro colpo per il medico, che ha espresso il desiderio di poter rimanere a supporto della popolazione locale nonostante i pericoli e le difficoltà incontrate.
Scaini ha sottolineato la sensazione di prigionia percepita all’interno della Striscia: ‘È fisicamente entrare in un posto chiuso, una prigione a cielo aperto perché non c’è possibilità di uscire’. Questa consapevolezza ha reso la sua esperienza ancora più difficile, sottolineando l’isolamento forzato dei residenti e degli operatori umanitari.
La distruzione del sistema sanitario e il rifugio negli ospedali
Il sistema sanitario di Gaza è stato quasi completamente distrutto. Scaini racconta di ospedali sovraffollati, dove pazienti e civili cercano rifugio nei corridoi, percependo paradossalmente questi luoghi come sicuri nonostante il rischio di crolli. La situazione descritta è di pura ‘follia’, con 1,5 milioni di persone spinte da nord a sud della Striscia, intrappolate senza una destinazione sicura o garanzie di sopravvivenza.
Il dottore ha evidenziato il lavoro quotidiano degli operatori di MSF, spostandosi tra zone diverse per supportare gli ospedali ancora funzionanti, come quello di al Aqsa, ora convertito in un luogo che accoglie un numero di pazienti molto superiore alla sua capacità. Il focus è sui feriti da grandi traumi, sebbene l’assistenza per altre patologie sia drasticamente ridotta. ‘Ci sono tutta una serie di morti che non si attribuiscono mai alla guerra ma per le quali di fatto la causa è la guerra stessa’, ha dichiarato Scaini, sottolineando l’impossibilità di accedere a cure indispensabili per malattie croniche e tumori.
Le sfide quotidiane e la resilienza del personale sanitario
La capacità di adattarsi e reagire alle mutevoli condizioni è una sfida costante per gli operatori umanitari. ‘Il lavoro più facile è quello del ricevere un ferito e trattarlo’, ammette Scaini, ma l’impatto più significativo è dato dalle azioni che possono durare oltre il giorno seguente, in un contesto di estrema volatilità. La distruzione dell’ospedale di Shifa e gli attacchi all’ospedale di Al Aqsa, dove Scaini si trovava durante un bombardamento, sono emblematici della precarietà delle infrastrutture sanitarie a Gaza.
Il personale medico palestinese, che lavora spesso senza retribuzione a causa del collasso dell’economia, continua a fornire assistenza nonostante la mancanza di risorse, compresi farmaci e anestetici. Questa situazione, secondo Scaini, non sarà sostenibile a lungo, evidenziando l’urgente necessità di supporto internazionale.
Il racconto di Scaini fornisce una testimonianza diretta delle gravi condizioni umanitarie e sanitarie a Gaza, sottolineando l’importanza dell’impegno di organizzazioni come Medici Senza Frontiere e la necessità di una maggiore attenzione internazionale sulla crisi. La lotta per la sopravvivenza dei civili e la resilienza degli operatori sanitari rimangono al centro di una situazione che richiede una risposta urgente e sostenuta.