Netanyahu alla ricerca di soluzioni mentre le pressioni internazionali aumentano
Il panorama politico e militare in Medio Oriente continua a essere teso e complesso, con il primo ministro israeliano Benjamin Netanyahu al centro di una serie di sfide diplomatiche e legali che potrebbero avere profonde ripercussioni sulla sua leadership e sul futuro della regione. Con la situazione in Gaza che rimane altamente volatile, le dichiarazioni del presidente palestinese Abu Mazen a Riad, durante un incontro che ha visto la partecipazione del segretario di Stato americano Antony Blinken, sottolineano la gravità del momento. Abu Mazen ha avvertito che gli israeliani potrebbero essere pronti a invadere gli ultimi chilometri quadrati della Striscia di Gaza, confinante con l’Egitto, lanciando un appello disperato: «Solo gli americani possono fermarli».
La visita imminente di Blinken in Israele, con una tappa prevista al kibbutz Be’eri, uno dei più colpiti dagli attacchi del 7 ottobre, evidenzia l’intenzione degli Stati Uniti di mostrare supporto, pur avanzando verso una soluzione che possa fermare l’escalation di violenza. I leader di Hamas, almeno secondo quanto dichiarato, sembrano non opporsi fortemente alle nuove proposte di pace, ma è all’interno del governo israeliano che le tensioni sembrano maggiori. Netanyahu, in particolare, appare come il principale ostacolo a un accordo con i fondamentalisti, sostenendo la necessità di una «vittoria totale» per garantire la sicurezza del suo paese.
Le divisioni interne e le pressioni internazionali su Netanyahu
Il primo ministro israeliano si trova sotto pressione non solo dalla comunità internazionale ma anche all’interno del proprio governo. La minaccia diretta di Bezalel Smotrich, ministro delle Finanze e leader dei coloni, che ha definito l’accettazione dell’accordo una «sconfitta umiliante», contrasta con le parole di Benny Gantz, l’ex ministro della Difesa, che ha messo in evidenza l’importanza di riportare a casa gli ostaggi più dell’operazione a Rafah. Questo doppio ultimatum pone Netanyahu davanti a una difficile scelta, che potrebbe influenzare non solo la sua carriera politica ma anche il futuro di Israele.
Il capo di stato maggiore, Herzi Halevi, ha annunciato che i piani sono pronti, ma l’opposizione degli Stati Uniti rimane forte, soprattutto per quanto riguarda il trattamento dei civili a Rafah. L’Egitto, preoccupato per un possibile afflusso di profughi, monitora attentamente la situazione, temendo le ripercussioni di un’escalation militare ai suoi confini. Nel frattempo, una delegazione di Hamas ha raggiunto Il Cairo per valutare le possibilità di un cessate il fuoco, in un contesto in cui il numero dei palestinesi uccisi continua a salire.
La possibile minaccia di mandati di arresto internazionali
Una delle più gravi preoccupazioni per Netanyahu emerge dalla possibilità che la Corte penale internazionale emetta mandati di arresto nei suoi confronti e contro altri vertici dello stato israeliano per crimini di guerra. Questa eventualità ha spinto il primo ministro a intensificare i suoi sforzi diplomatici, come testimoniato dalle sue numerose telefonate nel tentativo di evitare tale scenario. La tensione si riflette anche nei messaggi di Netanyahu sui social media, dove ha affermato che Israele non si piegherà ai giudici, una dichiarazione che assume un significato particolare alla luce delle possibili decisioni dell’Aia.
Documenti interni al Dipartimento di Stato americano, ottenuti da Reuters, indicano che alcuni diplomatici hanno avvertito Blinken riguardo alla possibilità che Israele abbia violato le leggi internazionali nell’utilizzo degli armamenti forniti dagli Stati Uniti. Queste preoccupazioni aggiungono un ulteriore livello di complessità alla situazione, mettendo in luce le difficoltà che Netanyahu dovrà affrontare nei suoi sforzi per navigare tra le pressioni internazionali e le esigenze di sicurezza nazionale.
Con il Medio Oriente a un bivio critico, gli occhi del mondo sono puntati su Netanyahu, che si trova di fronte a scelte difficili che potrebbero determinare il corso degli eventi nella regione per gli anni a venire. La diplomazia internazionale, le divisioni interne al governo israeliano e le preoccupazioni legali internazionali si intrecciano in una situazione di incertezza e tensione, con possibili ripercussioni ben oltre i confini di Israele e della Palestina.