Occupazione a Sciences Po Parigi: il conflitto israelo-palestinese entra nell’ateneo
Un’azione di protesta di rara intensità ha colpito uno dei simboli dell’eccellenza accademica francese. Nel cuore della notte, la storica sede di Sciences Po a Parigi, annoverata tra le università più prestigiose di Francia, è stata occupata da studenti pro-Palestina. Questo gesto segna un capitolo nuovo nelle forme di contestazione studentesca che si ispirano a recenti movimenti analoghi negli Stati Uniti. L’edificio principale in Rue Saint-Guillaume, situato nell’esclusiva rive gauche, è stato bloccato da diverse decine di membri del “Comité Palestine” di Sciences Po, che hanno impedito l’accesso filtrando le entrate.
Già dalla giornata di mercoledì, una decina di tende aveva fatto la sua comparsa nel cortile di un edificio secondario dell’ateneo, situazione che è stata risolta solo con l’intervento delle forze di polizia per lo sgombero. La direzione di Sciences Po ha comunicato la sua “ferma condanna” per l’occupazione, decidendo la chiusura preventiva di alcuni spazi per garantire la sicurezza.
Sostegno politico e reazioni
La protesta ha ricevuto un’eco notevole anche al di fuori degli ambienti universitari, raccogliendo l’appoggio di figure politiche di spicco. Tra questi, esponenti della France Insoumise (Lfi), il partito di sinistra guidato da Jean-Luc Mélenchon, hanno espresso solidarietà agli studenti occupanti. “Questi studenti stanno letteralmente tenendo alto l’onore della Francia”, ha dichiarato con fervore la candidata Lfi e militante pro-palestinese, Rima Hassan, mentre un messaggio di sostegno è stato inviato direttamente da Mélenchon ai manifestanti.
La scelta di portare il dibattito sul conflitto a Gaza all’interno delle mura di Sciences Po si inserisce in un contesto di crescente tensione politica, con il conflitto israelo-palestinese che torna ad essere centrale nella campagna per le elezioni europee di giugno. L’intervento del presidente del Consiglio Rappresentativo delle Istituzioni Ebraiche di Francia (Crif), Yonathan Arfi, ha evidenziato come l’azione degli studenti non rappresenti un fenomeno “massiccio” ma sia comunque “pericoloso” per il simbolismo che l’università incarna nella società.
Confronti e tensioni
Nel corso della giornata, la tensione è notevolmente aumentata. Davanti ai locali di Sciences Po, si sono verificati momenti di forte contrapposizione tra gli studenti occupanti e un gruppo di studenti pro-Israele. Questi ultimi, in numero di circa una cinquantina, hanno espresso forte dissenso verso l’occupazione con slogan quali ‘Liberate Sciences Po’ e ‘Liberate Gaza da Hamas’, segno di un confronto aperto e diretto che riflette la complessità e la polarizzazione del dibattito sul conflitto israelo-palestinese.
La situazione a Sciences Po non solo ha messo in luce la capacità dei movimenti studenteschi di catalizzare l’attenzione su tematiche di rilevanza internazionale ma ha anche sottolineato come le università possano diventare arene di confronto politico e culturale. Il dibattito, infatti, non si limita alle aule o alle pagine dei libri ma si estende alle piazze, ai cortili e ai social media, dimostrando come la giovinezza sia ancora una volta in prima linea nel dibattire e nel confrontarsi su temi di grande attualità e importanza.
Al di là delle diverse posizioni, ciò che emerge è la vivacità di un panorama studentesco e accademico che non teme di affrontare questioni complesse e di portarle all’attenzione della comunità più ampia. L’occupazione di Sciences Po diventa così un simbolo di un impegno giovanile che, attraverso modalità di protesta tradizionali e innovative, si fa portavoce di istanze e speranze che travalicano i confini nazionali.