La spesa militare globale tocca cifre da record nel 2023
Il mondo ha assistito nel 2023 a un incremento della spesa militare che non si vedeva da oltre un decennio, con un bilancio complessivo che ha raggiunto la cifra record di 2.400 miliardi di dollari. Tale aumento, quantificato in una percentuale del 6,8% rispetto all’anno precedente, segna un momento storico per gli investimenti nel settore difensivo globale. Secondo l’ultimo rapporto dell’Istituto internazionale di ricerche sulla pace di Stoccolma (SIPRI), questa crescita ha interessato tutte le regioni del mondo, con picchi rilevanti in Europa, Medio Oriente e Asia. ‘È un riflesso del deterioramento della pace e della sicurezza in tutto il mondo,’ ha commentato Nan Tian, ricercatore del SIPRI, sottolineando come per la prima volta dal 2009 si registri un aumento in tutte e cinque le regioni geografiche esaminate.
Le potenze mondiali e l’incremento degli investimenti
Gli Stati Uniti, la Cina, la Russia, l’India e l’Arabia Saudita rappresentano i primi cinque paesi in termini di spesa militare, con gli Stati Uniti e la Cina da soli che costituiscono quasi la metà del totale globale. In dettaglio, gli Stati Uniti hanno aumentato il loro budget del 2,3% arrivando a 916 miliardi di dollari, che rappresentano il 68% della spesa totale della NATO. Quest’ultima, a sua volta, ha destinato alla difesa 1.341 miliardi di dollari nel 2023, pari al 55% della spesa militare mondiale. La guerra in Ucraina ha avuto un impatto significativo su questi numeri, con un conseguente aumento della spesa da parte di Kiev, della Russia e di vari paesi europei. ‘Per gli stati europei della NATO, gli ultimi due anni di guerra in Ucraina hanno cambiato radicalmente le prospettive di sicurezza,’ ha osservato Lorenzo Scarazzato, ricercatore del SIPRI.
La Cina e l’Asia: una regione in crescente militarizzazione
La Cina ha confermato il suo ruolo di secondo maggiore spendaccione a livello globale nel settore militare con un budget di circa 296 miliardi di dollari nel 2023, segnando un aumento del 6% rispetto all’anno precedente. Questo investimento, il 29° incremento consecutivo annuale, rappresenta la metà della spesa militare totale nella regione dell’Asia e dell’Oceania. ‘La Cina sta indirizzando gran parte del suo crescente budget militare per aumentare la prontezza al combattimento dell’Esercito popolare di liberazione,’ ha affermato Xiao Liang, del SIPRI. Questo scenario ha spinto i governi di Giappone, Taiwan e altri a rafforzare significativamente le proprie capacità militari, in una tendenza che sembra destinata a intensificarsi.
La risposta dei vicini della Cina e l’aumento della spesa militare
Paesi come Giappone e Taiwan hanno risposto all’incremento delle spese militari cinesi con significativi aumenti dei propri budget. Il Giappone, in particolare, ha stanziato 50,2 miliardi di dollari per le sue forze armate nel 2023, con un aumento dell’11% rispetto all’anno precedente. Anche Taiwan ha visto crescere la propria spesa militare dell’11%, raggiungendo i 16,6 miliardi di dollari. Queste mosse riflettono un crescente senso di urgenza nei confronti della politica di espansione militare della Cina nella regione.
L’Europa e l’impatto della guerra in Ucraina
La continuità del conflitto in Ucraina ha spinto numerosi paesi europei a rivedere al rialzo i propri budget militari. Undici dei trentuno membri della NATO hanno raggiunto o superato l’obiettivo del 2% del PIL destinato alla difesa, un traguardo che viene ora considerato più come una linea di base che come una soglia da raggiungere. Questo cambiamento di prospettiva è diretta conseguenza delle mutate condizioni di sicurezza nel continente, profondamente influenzate dagli eventi in Ucraina.
La spesa militare in altre regioni del mondo
Il report del SIPRI evidenzia interessanti dinamiche anche al di fuori delle consuete aree di tensione. In America Latina, ad esempio, il Brasile ha registrato un aumento della spesa militare del 3,1%, arrivando a 22,9 miliardi di dollari. In America Centrale e nei Caraibi, invece, la spesa è cresciuta in maniera significativa, segnando un +54% rispetto al 2014. Questi incrementi sono spesso legati alla necessità di affrontare livelli crescenti di criminalità e violenza da parte delle bande, un fenomeno che ha portato a un maggior ricorso alle forze militari in diverse nazioni. ‘L’uso dell’esercito per reprimere la violenza delle bande è una tendenza in crescita,’ ha concluso Diego Lopes da Silva del SIPRI, evidenziando come la risposta militare diventi sempre più una soluzione privilegiata di fronte all’incapacità di gestire il problema con mezzi convenzionali.