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Operazione sotto copertura in Cisgiordania: militari israeliani travestiti da medici uccidono tre palestinesi
In una mossa che ha scosso la comunità internazionale, membri delle forze speciali israeliane, camuffati da medici e pazienti, hanno condotto un raid all’interno dell’ospedale Ibn Sina di Jenin, nel nord della Cisgiordania. L’operazione ha portato alla morte di tre individui palestinesi, indicati come presunti terroristi. “Uno era vestito da donna, l’altro da persona anziana, uno da staff del luogo, mentre un altro aveva in mano un seggiolino da bambino”, ha riferito una fonte medica all’Haaretz, descrivendo la scena dell’infiltrazione che ha preceduto l’azione letale.
Il commando dell’Idf, travestito in maniera ingannevole, ha raggiunto il terzo piano dell’edificio, dove si trovavano i tre uomini, per poi eseguire l’attacco. Nonostante la presenza di altre persone nel reparto, nessun altro è rimasto ferito. Un video diffuso online ha mostrato alcuni membri del gruppo delle forze speciali israeliane nelle inusuali vesti.
Identità e motivazioni degli uomini uccisi
Secondo dichiarazioni dell’Idf su Telegram, i tre uomini uccisi erano membri di una “cellula terroristica di Hamas”, accusati di pianificare attacchi terroristici. Tra di loro, vi era un uomo “recentemente coinvolto nella promozione di significative attività terroristiche” e che aveva trovato rifugio all’interno dell’istituto sanitario. I nomi dei deceduti sono stati resi noti come Mohammad Walid Jalamneh, uno dei fondatori delle Brigate al-Qassam a Jenin, e i fratelli Mohammed e Basil Ayman Al-Ghazawi, appartenenti alle Brigate al-Quds.
La versione fornita dallo Stato di Israele suggerisce che i sospetti, da tempo in fuga, avevano scelto gli ospedali come nascondigli e come basi per orchestrare atti di terrorismo. L’azione israeliana sembra quindi inserirsi in un contesto di strategie preventive per contrastare minacce alla sicurezza nazionale.
La risposta di Hamas e le tensioni in Medio Oriente
La risposta di Hamas non si è fatta attendere. “Crimini dell’esercito israeliano non rimarranno senza risposta”, ha affermato con fermezza l’organizzazione islamista. Hamas ha inoltre sottolineato come l’operazione israeliana rappresenti una continuazione dei crimini perpetrati contro il popolo palestinese, da Gaza a Jenin. È stato inoltre rivelato che uno degli uomini uccisi era ferito e giaceva a letto al momento dell’attacco. La volontà espressa da Hamas è quella di non arretrare di fronte a tali azioni, definendo l’esercito israeliano come “nemico codardo”.
Il contesto in cui si inserisce questo sanguinoso episodio è quello di una guerra che perdura da cento giorni, segnata da un pesante bilancio di vittime: oltre 1.300 israeliani, inclusi soldati, e più di 24.000 palestinesi, tra cui membri di Hamas. Le condizioni di vita nella Striscia di Gaza sono state descritte come disumane, con una popolazione costretta a fronteggiare il freddo, malattie e la mancanza di risorse basilari come acqua e cibo. I profughi ammontano a circa 1,9 milioni di persone.
Escalation del conflitto e momenti chiave
Il 7 ottobre 2023 segna l’inizio dell’operazione “Alluvione Al-Aqsa” da parte di Hamas, che ha visto il lancio di circa 2.500 missili su territori adiacenti alla Striscia di Gaza. Questo evento ha rappresentato la scintilla per una nuova escalation nel conflitto tra Hamas e Israele, riacuendo l’instabilità nella regione del Medioriente.
Parallelamente al lancio dei missili, gruppi di terroristi di Hamas hanno superato la barriera di separazione al confine, penetrando nel territorio israeliano con diversi mezzi e conducendo attacchi nei kibbutz vicini alla Striscia di Gaza. Questi atti violenti, che hanno incluso ostaggi e incendi, sono stati definiti dall’opinione pubblica come “il peggior massacro di ebrei in un solo giorno dall’Olocausto”.
La comunità internazionale, con l’Onu in prima linea, ha più volte espresso preoccupazione per la situazione in Gaza, descritta come “inabitabile”. Il ritiro dei fondi dall’Unrwa, l’agenzia ONU per il soccorso e l’occupazione dei rifugiati palestinesi nel Vicino Oriente, è stato definito come “pericoloso” e ha suscitato ulteriori allarmi umanitari. La situazione attuale suggerisce un 2024 segnato ancora da conflitti e sofferenze per la popolazione coinvolta.
Le azioni di Israele, come quelle avvenute nell’ospedale Ibn Sina di Jenin, e la risposta di Hamas delineano un quadro di violenza e di reciproche accuse che continuano a nutrire un ciclo di rappresaglie e rappresaglie contrarie. La comunità internazionale osserva con apprensione il susseguirsi di eventi, nella speranza di trovare una soluzione che possa porre fine a questa spirale di violenza e portare a una pace duratura.