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Il dibattito sul cloud seeding: tra cambiamenti climatici e sperimentazioni
La recente alluvione che ha colpito Dubai, con precipitazioni record, ha riacceso l’attenzione sul cloud seeding, ovvero l’inseminazione artificiale delle nubi. Questa tecnica, che mira a stimolare le precipitazioni rilasciando particelle come lo ioduro d’argento nelle nubi, è stata oggetto di speculazioni riguardo il suo ruolo nell’evento meteorologico estremo verificatosi negli Emirati Arabi Uniti. Tuttavia, esperti del settore, come il professor Vincenzo Levizzani dell’Istituto di Scienze dell’Atmosfera e del Clima del Cnr, smentiscono un collegamento diretto, attribuendo l’accaduto agli effetti dei cambiamenti climatici.
La scienza del cloud seeding e i suoi limiti
Il cloud seeding è una pratica nata nel dopoguerra e adottata in varie parti del mondo, dagli Stati Uniti all’Israele, fino agli Emirati Arabi. Nonostante il crescente interesse e gli investimenti in questa tecnica, le sue reali capacità di influenzare il clima rimangono oggetto di dibattito. Secondo Levizzani, l’efficacia del cloud seeding è limitata dalla complessità della fisica delle nubi e dalla variabilità delle condizioni atmosferiche. ‘In una nube posso ottenere un buon risultato, in quella a fianco no perché tutte le nubi sono diverse tra loro’, spiega Levizzani, evidenziando come gli esperimenti abbiano mostrato risultati incerti, portando al loro abbandono in molti contesti.
Cambiamenti climatici e fenomeni estremi
L’evento di Dubai, con oltre 140 millimetri di pioggia in 24 ore, si inserisce in un contesto più ampio di fenomeni meteorologici estremi, che secondo gli esperti sono amplificati dai cambiamenti climatici. ‘Il riscaldamento globale è responsabile del cambiamento del modo in cui le masse d’aria si spostano in atmosfera’, afferma Levizzani. Questo spostamento ha come conseguenza una distribuzione irregolare delle precipitazioni, con aree precedentemente aride che sperimentano piogge intense e localizzate, e zone tradizionalmente umide dove si verifica il fenomeno opposto.
L’inefficacia del cloud seeding di fronte ai cambiamenti climatici
Nonostante le speranze riposte nel cloud seeding come possibile soluzione alla siccità e alla distribuzione irregolare delle precipitazioni, gli esperti rimangono scettici sulla sua reale applicabilità. I limiti di questa tecnica non risiedono solo nella sua incerta efficacia ma anche nei costi elevati e nella necessità di condizioni atmosferiche specifiche per il suo successo. La manipolazione delle nubi richiede nubi già predisposte a produrre pioggia, una condizione che può essere predetta soltanto attraverso modelli di previsione meteorologica avanzati.
Il futuro della ricerca e delle politiche climatiche
Mentre gli Emirati Arabi e altri Paesi continuano a esplorare il potenziale del cloud seeding, la comunità scientifica guarda oltre, alla necessità di affrontare le cause e gli effetti dei cambiamenti climatici con soluzioni più ampie e sistemiche. La ricerca nel campo della meteorologia e delle scienze climatiche si sta indirizzando verso una migliore comprensione dei sistemi atmosferici e dell’impatto umano sul clima. Allo stesso tempo, la discussione politica si concentra sempre di più su come mitigare i cambiamenti climatici e adattarsi ai suoi inevitabili effetti.
In questo scenario, il dibattito sul cloud seeding evidenzia la complessità delle sfide che l’umanità deve affrontare nel tentativo di gestire e manipolare il clima. La ricerca e l’innovazione tecnologica svolgeranno un ruolo cruciale, ma sarà fondamentale anche un approccio olistico che includa politiche di mitigazione dei cambiamenti climatici, conservazione delle risorse idriche e adattamento a un mondo in rapido cambiamento.