La Slovacchia al bivio: tra sovranità nazionale e tensioni con Bruxelles
Nel panorama politico europeo, la Slovacchia emerge come un caso emblematico di come le dinamiche interne possano influenzare le relazioni internazionali e il posizionamento geopolitico di un paese. La recente elezione di Robert Fico a Primo Ministro e la vittoria del neoeletto presidente, entrambi noti per le loro posizioni vicine alle politiche di difesa degli interessi nazionali, hanno sollevato interrogativi sul futuro orientamento della Slovacchia, in particolare riguardo al conflitto russo-ucraino.
Le dichiarazioni post-elettorali di Fico, orientate a interrompere gli aiuti militari all’Ucraina, segnano una svolta significativa rispetto alle precedenti politiche estere slovacche. Questa scelta politica non solo ha risonanze interne ma si proietta anche sul piano internazionale, delineando un potenziale asse con altri paesi dell’Unione Europea che mostrano simili inclinazioni sovraniste, come l’Ungheria di Viktor Orbán.
L’eredità politica di Pellegrini e l’ombra della ‘Ndrangheta
Peter Pellegrini, figura centrale nella recente storia politica slovacca, porta con sé un passato complesso che intreccia esperienze governative pregresse sotto la guida di Fico e momenti di profonda crisi politica e sociale. La sua ascesa a primo ministro nel 2018, in seguito alle dimissioni di Fico legate all’omicidio del giornalista Ján Kuciak, è stata un momento di svolta che ha esposto le fragilità del sistema politico slovacco e i legami inquietanti con la criminalità organizzata.
La fondazione di Voce-Socialdemocrazia (HLAS-SD) da parte di Pellegrini nel 2020 ha segnato un tentativo di rinnovamento politico e distinzione dallo Smer-SD, pur mantenendo una linea ideologica di centro-sinistra. L’alleanza con il Partito Nazionale Slovacco (SNS) nel governo attuale rafforza ulteriormente l’orientamento nazionalista e sovranista che caratterizza la coalizione al potere.
La Slovacchia sulle orme di Orbán?
L’analista Tomas Koziaka ha messo in luce come la Slovacchia, sotto la guida di Pellegrini e Fico, potrebbe avvicinarsi al modello ungherese di Orbán, segnando un allontanamento dai principi democratici e liberali spesso enfatizzati, seppur con una certa ipocrisia, da Bruxelles e Washington. La condivisione di valori quali la sovranità nazionale e la critica verso l’evoluzione dell’Unione Europea in un possibile ‘superstato’ delineano un’area di sintonia tra Bratislava e Budapest, con potenziali ripercussioni sulle dinamiche politiche europee, in particolare riguardo al tema dei migranti e della sicurezza.
Questo asse potrebbe non solo rafforzare le posizioni sovraniste all’interno dell’UE ma anche influenzare le future politiche europee in materia di difesa e relazioni esterne, specialmente in un momento in cui l’Europa si trova a gestire sfide complesse come la crisi migratoria e le tensioni con la Russia.
Le critiche alla campagna elettorale: tra trasparenza e retorica bellica
Le accuse di una campagna elettorale basata sull’odio e sulla retorica bellica, mosse da Korcok a Pellegrini, riflettono le tensioni e le divisioni all’interno della società slovacca. La descrizione di Pellegrini come ‘candidato della guerra’ da parte degli avversari evidenzia non solo la polarizzazione politica ma anche la profondità del dibattito sulla posizione della Slovacchia nel contesto del conflitto russo-ucraino.
Queste dinamiche interne, insieme alle scelte politiche dei leader slovacchi, pongono la Slovacchia in una posizione delicata sullo scacchiere internazionale. La direzione che il paese prenderà, in termini di politiche estere e di sicurezza, sarà cruciale non solo per il suo futuro ma anche per quello dell’intera regione europea.
L’evoluzione dei rapporti tra Slovacchia e Ungheria, così come l’interazione con gli altri membri dell’UE, sarà determinante per comprendere se la Slovacchia seguirà effettivamente il modello di Orbán o se saprà trovare una via originale che concili le esigenze di sovranità nazionale con gli impegni internazionali e i valori europei.