![Israele: Decine di migliaia contro Netanyahu, tra democrazia e uguaglianza 1 20240408 183246](https://masainews.it/wp-content/uploads/2024/04/20240408-183246.webp)
In una Tel Aviv pervasa da un’atmosfera di protesta, un vero e proprio fiume di persone si è riversato nelle strade principali della città, segnando un altro sabato di manifestazioni contro il governo guidato da Benjamin Netanyahu. La voce di cinquantamila manifestanti ha risuonato forte, con richieste che spaziavano dalla convocazione di elezioni immediate alla caduta del governo, fino alla liberazione di tutti gli ostaggi ancora trattenuti a Gaza.
La paura non ferma la protesta
Nonostante l’allerta per un probabile attacco dall’Iran, i manifestanti non hanno dato segno di volersi arrendere, proseguendo un movimento di protesta che si ripete ogni sabato da settimane. La settimana precedente, un’imponente folta di persone aveva già dimostrato la propria determinazione rimanendo giorno e notte davanti alla Knesset, il parlamento israeliano a Gerusalemme, in quella che è stata descritta come la più grande manifestazione mai avvenuta in Israele dal sette ottobre.
Tuttavia, al di là delle rivendicazioni che mirano a un rinnovamento democratico, emerge la voce di una componente significativa della società israeliana: i cittadini palestinesi. Quest’ultimi, storici depositari di una fiducia minata nei confronti del sistema giudiziario israeliano, rappresentano la parte forse meno udibile e tuttavia fondamentale del discorso pubblico. La critica nei confronti del sistema giudiziario fa riferimento alla sua incapacità di prevenire l’espropriazione delle terre palestinesi, di proteggere i cittadini arabi da demolizioni e di difendere lo status della lingua araba, oltre a permettere l’approvazione di leggi percepite come ingiuste e razziste.
La richiesta di uguaglianza e democrazia
“La democrazia non è possibile senza uguaglianza, non può coesistere con l’occupazione e il controllo militare in Cisgiordania”, ha dichiarato una manifestante, evidenziando come il governo attuale non sia un’eccezione ma piuttosto l’espressione di un’ideologia e di un progetto basati sulla supremazia etnica e sul razzismo. Tra le fila dei manifestanti, vi è un gruppo che chiede non solo la fine dell’occupazione ma anche del regime di apartheid e del genocidio in corso a Gaza.
Questo “blocco contro l’occupazione” comprende diverse sigle, tra cui Hadash – il partito comunista a maggioranza arabo-palestinese – e movimenti come Breaking the Silence e Standing Together. La loro presenza testimonia l’esistenza di una porzione della popolazione che, oltre alle rivendicazioni di natura politica interna, solleva questioni di rilevanza internazionale riguardanti i diritti umani e la convivenza pacifica tra popoli.
Una coalizione per il futuro?
La possibilità di una coalizione che includa sia ebrei liberali sia palestinesi sembra essere l’unico percorso verso una vera democrazia e uguaglianza nella regione. Tuttavia, questo scenario richiederà che i liberali ebrei siano pronti a rinunciare ai propri privilegi e a riconoscere i diritti pieni dei palestinesi, unendo le forze per una liberazione e democrazia condivise “tra il fiume e il mare”.
Nonostante le difficoltà e le divisioni, il piccolo ma determinato blocco contro l’occupazione continua a rappresentare una speranza per i palestinesi, altrimenti esclusi dal dibattito pubblico dominato dalle proteste dei liberali israeliani. La strada verso il raggiungimento di obiettivi così ambiziosi come l’uguaglianza piena e la convivenza pacifica rimane complessa e costellata di sfide, ma la persistenza di questo movimento dimostra la presenza di una volontà di cambiamento profondo all’interno della società israeliana.
La lotta per la democrazia e l’uguaglianza in Israele, così come la ricerca di una soluzione pacifica e giusta al conflitto israelo-palestinese, continua a rappresentare uno dei principali punti di frizione e di dialogo nel panorama internazionale, richiamando l’attenzione della comunità globale sulla necessità di un approccio equo e sostenibile per tutti i popoli coinvolti.