Putin minaccia ritorsioni contro l’Occidente e rinnova le accuse a Kiev
Una settimana dopo l’attentato alla Crocus City Hall, nei dintorni di Mosca, il presidente russo Vladimir Putin non ha mostrato intenzione di visitare il luogo dell’attacco né di incontrare le famiglie delle vittime. Invece, nella sua prima uscita pubblica dopo la rielezione per un quinto mandato, ha optato per una visita a sorpresa a Torzhok, una piccola città nella regione di Tver, accolto da una folla descritta come “pre-assemblata” dal giornalista russo Pjotr Kozlov. Questa mossa è stata interpretata come un tentativo di mostrare normalità e controllo, nonostante le tensioni interne ed esterne.
Il viaggio di Putin ha incluso anche visite a un museo etnografico e al 344° centro statale per il personale dell’aeronautica, dove ha avuto modo di rispondere ad alcune domande dei piloti. In questa occasione, ha ribadito che la Russia non ha intenzioni di attaccare l’Europa o membri della NATO, inclusi Polonia e Stati Baltici. Tuttavia, ha lanciato un avvertimento: qualora l’Occidente decidesse di fornire caccia F16 all’Ucraina, la Russia sarebbe pronta ad abbatterli “ovunque si trovino”.
La questione degli F16 e la difesa russa
Le dichiarazioni di Putin arrivano in un momento di crescente preoccupazione per un potenziale escalation del conflitto in Ucraina. Il presidente russo ha criticato i Paesi occidentali per quello che ritiene essere un tentativo di spaventare la propria popolazione con la “minaccia russa”, una strategia che, a suo avviso, serve solo a giustificare le restrizioni economiche e la riduzione della qualità della vita. Le sue parole mirano a rassicurare la popolazione russa sulla capacità del paese di affrontare un confronto militare, nonostante le disparità di spesa in difesa rispetto agli Stati Uniti.
Putin ha inoltre precisato che l’impiego di aerei F16 da parte dell’Occidente non cambierebbe significativamente la situazione sul campo di battaglia in Ucraina. Tuttavia, ha sottolineato che se questi aerei fossero utilizzati da basi in Paesi terzi, diventerebbero obiettivi legittimi per le forze russe. Questo chiaro avvertimento estende la potenziale zona di conflitto ben oltre i confini ucraini, sollevando preoccupazioni sull’inclusione di Paesi NATO nel conflitto.
Accuse reciproche e la situazione dell’attentato
Parallelamente alla questione militare, continuano le accuse tra Mosca e Kiev riguardo all’attentato alla Crocus City Hall. Nonostante la rivendicazione del gesto da parte dello Stato Islamico, le autorità russe insistono sulla cosiddetta “pista ucraina”, sostenendo di avere prove dei legami tra i terroristi detenuti e i nazionalisti ucraini. Queste dichiarazioni rilanciano l’ipotesi di un coinvolgimento diretto o indiretto di Kiev nell’attacco, aggiungendo un ulteriore livello di complessità alla già tesa relazione tra i due Paesi.
Citando fonti dell’investigazione, il Comitato investigativo russo ha menzionato il ritrovamento di dispositivi tecnici e l’analisi di transazioni finanziarie come elementi chiave per asserire i presunti legami tra i jihadisti e l’Ucraina. Queste affermazioni, sebbene prive al momento di ulteriori conferme, alimentano la narrativa di un’Ucraina aggressiva e destabilizzante, in linea con la retorica di lungo termine adottata dal Cremlino.
Le parole di Putin e le mosse del governo russo sembrano configurarsi come un tentativo di consolidare il sostegno interno, di fronte alle crescenti sfide esterne. La menzione specifica della possibilità di attacchi a aerei F16 evidenzia una strategia di deterrenza verso l’Occidente, nel tentativo di limitare il supporto militare all’Ucraina. Allo stesso tempo, le accuse verso Kiev per l’attentato rafforzano la narrazione di un nemico esterno, utile a giustificare ulteriori azioni militari e di sicurezza.
La situazione rimane fluida e imprevedibile, con ogni parte che cerca di navigare in un contesto geopolitico sempre più complesso. La comunità internazionale osserva con preoccupazione, sperando che una soluzione pacifica possa ancora essere trovata, per evitare un’ulteriore escalation del conflitto che potrebbe avere ripercussioni ben oltre i confini dell’Ucraina.